"La Chiesa mediale". E' il titolo del volume pubblicato da don Alessandro Palermo per l'edizioni Paoline, in libreria in questi giorni. Nel volume, il giovane sacerdote - promotore del blog Elementi di pastorale digitale - si sofferma sulle sfide, le strutture e le prassi per la comunicazione digitale. Il libro è corredato dalla prefazione di Don Ivan Maffeis, direttore dell'Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali della CEI e dalla postfazione di Massimiliano Padula, presidente Aiart. Al microfono di Alessandro Gisotti, don Alessandro Palermo si sofferma sugli obiettivi del suo lavoro e sul ruolo di Papa Francesco nello scenario digitale:
R. – “La Chiesa mediale” prende spunto dal fatto che l’umanità oggi è "mediale". Ormai l’uomo, la donna, la società, hanno a che fare con i media, cioè vivono di media, sono proprio "fatti" anche di media! La loro vita e anche il loro bisogno di comunicare sono sempre legati a un media; e questo quindi rende la comunità mediale. Questa Chiesa, dunque, che è fatta di uomini, è fatta di umanità, è segnata dai bisogni umani anch’essa è mediale.
D. – A livello anche proprio teologico, nella prefazione, don Ivan Maffeis, il portavoce della Cei, sottolinea che la comunicazione è dimensione “costitutiva” dell’essere Chiesa, non è un’appendice: ecco, questo è proprio forse anche un ritornare al senso di qual è la missione della Chiesa, e cioè la comunicazione del Vangelo, l’annuncio della Buona Notizia…
R. – La Cei, come Conferenza episcopale italiana, da anni riflette su queste tematiche. Noi abbiamo qui in Italia una grande sensibilità riguardo alla comunicazione. In quanto Chiesa, è vero: informiamo, facciamo anche notizia; però credo che non dobbiamo dimenticare che il fine della comunicazione ecclesiale, anche di quella ufficiale - quella che ha a che fare con l’ufficio stampa - deve sempre avere a che fare con il Vangelo. Non dobbiamo mai dimenticare che il fine della Chiesa è quello di evangelizzare! Anche attraverso una notizia, la Chiesa deve tentare sempre di presentare la bellezza del Vangelo. E poi quello che dice il Papa, come nel Messaggio per la 51.ma Giornata Mondiale della Comunicazione, è che dobbiamo seminare speranza e fiducia; dobbiamo impegnarci a rendere questa nostra comunicazione un qualcosa che dia speranza e fiducia a questa società che è mediale.
D. – La "Chiesa mediale" si confronta con "l’umanità mediale", una formula coniata da Massimiliano Padula, presidente dell’Aiart, che ha scritto la postfazione di questo libro. Un’umanità mediale che si incontra anche e forse soprattutto sui Social Network. In questo scenario digitale, qual è il contributo che sta dando Papa Francesco, che può essere utile per la Chiesa italiana e non solo?
R. – Il Papa sta testimoniando che, intanto, non possiamo illuderci che una forma comunicativa sia soltanto fatta di Social. È giusto che ci siamo e ci inseriamo in questo contesto; è giusto che comunichiamo attraverso i Social Media, però non dobbiamo mai dimenticare che la comunicazione è fatta anche di sguardo: c’è quella faccia a faccia che dobbiamo sempre tener presente come Chiesa. Credo cioè che questo sia il primo livello che il Papa ci sta testimoniando. Il secondo è che lui, pur essendo non proprio appartenente al mondo giovanile... riesce però a vivere e ad incarnare quelle logiche digitali. Il suo linguaggio, il suo modo di parlare riflette quasi perfettamente le dinamiche dei Social. Ed è anche per questo che lui fa successo sui Social: perché il Papa è un testimone in tutti i sensi! E quando una persona è testimone, quando è sentita dall’altro come una persona affidabile, ecco che sui Social poi diventa il protagonista. Perché in queste dinamiche ciò che conta è l’affidabilità: essere - appunto - affidabili è il primo criterio che ti permette di essere ascoltato nei Social, di far sì che il tuo messaggio sia udibile dagli altri.
All the contents on this site are copyrighted ©. |