2017-03-07 09:56:00

La Chiesa mediale: un libro sulle sfide della comunicazione digitale


"La Chiesa mediale". E' il titolo del volume pubblicato da don Alessandro Palermo per l'edizioni Paoline, in libreria in questi giorni. Nel volume, il giovane sacerdote - promotore del blog Elementi di pastorale digitale - si sofferma sulle sfide, le strutture e le prassi per la comunicazione digitale. Il libro è corredato dalla prefazione di Don Ivan Maffeis, direttore dell'Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali della CEI e dalla postfazione di Massimiliano Padula, presidente Aiart. Al microfono di Alessandro Gisotti, don Alessandro Palermo si sofferma sugli obiettivi del suo lavoro e sul ruolo di Papa Francesco nello scenario digitale:

R. – “La Chiesa mediale” prende spunto dal fatto che l’umanità oggi è "mediale". Ormai l’uomo, la donna, la società, hanno a che fare con i media, cioè vivono di media, sono proprio "fatti" anche di media! La loro vita e anche il loro bisogno di comunicare sono sempre legati a un media; e questo quindi rende la comunità mediale. Questa Chiesa, dunque, che è fatta di uomini, è fatta di umanità, è segnata dai bisogni umani anch’essa è mediale.

D. – A livello anche proprio teologico, nella prefazione, don Ivan Maffeis, il portavoce della Cei, sottolinea che la comunicazione è dimensione “costitutiva” dell’essere Chiesa, non è un’appendice: ecco, questo è proprio forse anche un ritornare al senso di qual è la missione della Chiesa, e cioè la comunicazione del Vangelo, l’annuncio della Buona Notizia…

R. – La Cei, come Conferenza episcopale italiana, da anni riflette su queste tematiche. Noi abbiamo qui in Italia una grande sensibilità riguardo alla comunicazione. In quanto Chiesa, è vero: informiamo, facciamo anche notizia; però credo che non dobbiamo dimenticare che il fine della comunicazione ecclesiale, anche di quella ufficiale - quella che ha a che fare con l’ufficio stampa - deve sempre avere a che fare con il Vangelo. Non dobbiamo mai dimenticare che il fine della Chiesa è quello di evangelizzare! Anche attraverso una notizia, la Chiesa deve tentare sempre di presentare la bellezza del Vangelo. E poi quello che dice il Papa, come nel Messaggio per la 51.ma Giornata Mondiale della Comunicazione, è che dobbiamo seminare speranza e fiducia; dobbiamo impegnarci a rendere questa nostra comunicazione un qualcosa che dia speranza e fiducia a questa società che è mediale.

D. – La "Chiesa mediale" si confronta con "l’umanità mediale", una formula coniata da Massimiliano Padula, presidente dell’Aiart, che ha scritto la postfazione di questo libro. Un’umanità mediale che si incontra anche e forse soprattutto sui Social Network. In questo scenario digitale, qual è il contributo che sta dando Papa Francesco, che può essere utile per la Chiesa italiana e non solo?

R. – Il Papa sta testimoniando che, intanto, non possiamo illuderci che una forma comunicativa sia soltanto fatta di Social. È giusto che ci siamo e ci inseriamo in questo contesto; è giusto che comunichiamo attraverso i Social Media, però non dobbiamo mai dimenticare che la comunicazione è fatta anche di sguardo: c’è quella faccia a faccia che dobbiamo sempre tener presente come Chiesa. Credo cioè che questo sia il primo livello che il Papa ci sta testimoniando. Il secondo è che lui, pur essendo non proprio appartenente al mondo giovanile... riesce però a vivere e ad incarnare quelle logiche digitali. Il suo linguaggio, il suo modo di parlare riflette quasi perfettamente le dinamiche dei Social. Ed è anche per questo che lui fa successo sui Social: perché il Papa è un testimone in tutti i sensi! E quando una persona è testimone, quando è sentita dall’altro come una persona affidabile, ecco che sui Social poi diventa il protagonista. Perché in queste dinamiche ciò che conta è l’affidabilità: essere - appunto - affidabili è il primo criterio che ti permette di essere ascoltato nei Social, di far sì che il tuo messaggio sia udibile dagli altri.








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