2017-02-28 10:11:00

Giornata malattie rare: serve la ricerca per dare speranza


“Con la ricerca le possibilità sono infinite”. E’ lo slogan che accompagna quest’anno la X odierna Giornata mondiale dedicata alle malattie rare. I pazienti sono oltre 600 mila in Italia, un vero e sproprio “esercito” secondo la Federazione italiana - UNIAMO - che, insieme all’Istituto superiore di Sanità, Farmindustria e Federsanità, ha organizzato una settimana di eventi ad ogni livello. L’obiettivo è sensibilizzare tutti e creare intorno ai malati una rete di supporto indispensabile. Il servizio di Gabriella Ceraso:

Capire cosa sono le malattie rare e cosa comportano: è la prima consapevolezza che la Giornata persegue perchè i pazienti non siano invisibili, i loro bisogni siano chiari e si cerchino soluzioni adeguate. Rara è la malattia che dal punto di vista epidemiologico ha una prevalenza inferiore di 1 su 2000; ne esistono circa 7000 per l’Oms, l’80 per cento è di origine genetica e in Italia, le malattie rare riconosciute esenti ticket, sono poco più di 195 mila per ora secondo gli elenchi dell’Istituto superiore di sanità. “Croniche, congenite, complesse, a volte disabilitanti”, le malattie rare “cambiano il modo di pensare la medicina stessa”, afferma il dottor Giuseppe Zampino, responsabile Centro Malattie rare e Difetti congeniti del Policlinico Gemelli di Roma:

"Se è una condizione congenita, c’è bisogno di politiche socio-sanitarie per sostenere i pazienti e le loro famiglie. Poi, essendo malattie croniche, c’è bisogno di raccordare la medicina del bambino con la medicina dell’adulto e poi con quella dell’anziano; sono condizioni complesse che hanno bisogno di molti 'saperi' per poter arrivare ad una strategia, infine, essendo disabilitanti, c’è bisogno di una grande attenzione di tipo sociale e umano affinché il paziente si senta meno solo". 

Ad aggravare la situazione è che per una diagnosi possono servire anche tre anni e mezzo, in quanto c'è scarsa cultura del "sospetto in ambito di medicina generale", afferma il professor Zampino e perchè una malattia può manifestarsi pienamente anche dopo tempi molto lunghi. E le condizioni sono molto diverse:

"Esistono condizioni molto gravi con un’aspettativa di vita limitata e ci sono condizioni, invece, che non determinano nessuna limitazione, per cui un bambino con una sindrome di Noonan, che non ha cardiopatia, ha un’aspettativa di vita normale; se un soggetto è affetto da Sla la possibilità di vita è ovviamente ridotta in relazione alla sua condizione".

E sicuramente complessa è la malattia di Sophia che oggi ha 10 anni: si chiama Sindrome genetica cardio facio cutanea. La mamma di Sophia, Antonella, per seguirla ha dovuto lasciare tutto a partire dal lavoro:

"Questa malattia comporta problemi motori - quindi il bisogno di un ortopedico ed un fisiatra - problemi gastroenterologici, problemi di crisi epilettiche – quindi il bisogno di un neurologo – e poi il pediatra deve seguire il tutto. È necessario anche il nefrologo, perché ci sono problemi anche di smaltimento. Di certo la scuola mi ha salvato, perché anche se la portavamo solo per due ore al giorno, almeno usciva di casa, vedeva gli altri. Quest’anno, dopo sei anni di lista d’attesa, siamo riusciti ad avere l’assistenza domiciliare e, finalmente, sto iniziando a riprendere a lavorare".

Per i malati diventare "visibili", come vuole la Giornata di quest'anno, significa avere assistenza, accesso ai farmaci e servizi uguali per tutti, ma in Italia questa equità non c'è, anche se un rete nazionale di Centri di Cura, nata nel 2001, è in continuo aggiornamento. Il parere di Tommasina Iorno, presidente della Federazione UNIAMO:

"Quotidianamente abbiamo queste difficoltà. Quotidianamente lottiamo per far comprendere al meglio le nostre difficoltà e lavoriamo insieme per trovare la soluzioni che non è detto a volte debbano essere soluzioni in termini di risorse; basta semplicemente semplificare quello che già esiste in alcuni casi. In altri no. Sappiamo che il mondo delle malattie rare è complesso; ci sono delle malattie molto gravi che non hanno ancora risposta dalla ricerca scientifica, clinica e sociale".

Ma i primi ad incontrare la difficoltà, anche tra Municipi di una stessa città, sono i genitori, che nonostante tutto restano animati da una grande forza. Ancora Antonella, mamma di Sofia:

"Problemi enormi dal punto di vista organizzativo. Non c’è dialogo: non c’è dialogo tra le istituzioni, tra le Asl; non c’è dialogo. All’interno della stessa Asl mi devo interfacciare con sei uffici diversi. Sono dei compartimenti stagni. Da questo punto di vista l’associazionismo è importante perché, prima di tutto, non ci si sente soli e poi ci si scambiano informazioni quotidiane, ma anche informazioni sulla ricerca, perché quando si ha un bambino con patologie così gravi si pensa che non ci siano speranze. Invece, le speranze ci sono. Sofia è deliziosa. Quando cammina per strada afferra le mani delle persone, si fa fare le carezze … fa sciogliere tutte le persone che incontra. Abbiamo altri due figli più grandi. Uno dei due ha compiuto 17 anni l’altro ieri e mi ha detto: 'Mamma, ti rendi conto che bello è stato avere Sofia? Pensa che vita banale avremmo avuto senza di lei!'”.








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