2017-02-27 14:13:00

Cambogia: la gioia dei cattolici per la nuova chiesa a Po Thon


“Una gioia immensa”. Così padre Gustavo Adrian Benitez, parroco di Po Thon, in Cambogia, per l’inaugurazione, nei giorni scorsi, della nuova chiesa. In questo villaggio vive una comunità cattolica che ha circa 100 anni, sopravvissuta alla dittatura di Pol Pot. Il vescovo della capitale Phnom Penh, mons. Olivier Schmitthaeusler, ha presieduto la solenne cerimonia, cui hanno partecipato diversi padri del Pontificio istituto missioni estere. Massimiliano Menichetti:

Un fiore che sboccia in quello che è stato uno dei deserti più aridi: la Cambogia del dittatore comunista Pol Pot. Si evoca questa immagine nel vedere i muri chiari della nuova chiesa di Po Thon, a due passi dalla capitale Phnom Penh. Qui da oltre 100 anni vive una comunità cattolica khmer, la prima etnia del Paese. In questo angolo della Cambogia ancora oggi vivono fedeli che hanno conosciuto i martiri cattolici del sanguinario regime che distrusse la maggior parte dei luoghi di culto cattolici. Pol Pot fino alla fine degli anni 70, prima di essere rovesciato dal vicino Vietnam, sterminò il suo popolo. Nel folle disegno di creare un Paese nuovo, torturò e uccise ogni intellettuale, costringendo praticamente tutti al lavoro nei campi. Oggi la Cambogia è un Paese in crescita ma che fatica a guardare il suo passato. I cattolici, pur restando una minoranza in un contesto a maggioranza buddista, sono apprezzati e punto di riferimento: impegnati nel sociale, nell’educazione e nella costruzione di ponti con il vicino Vietnam. 

Padre Gustavo Adrian Benitez racconta la Cambogia di oggi e dei martiri del regime di Pol Pot, partendo dall'inaugurazione della nuova chiesa della piccola comunità cattolica di Po Thon:

R. – Una gioia grande per la comunità anche perché la comunità ha più di 100 anni. Su questo c’è tanto da dire perché in Cambogia, essendo un Paese buddista, trovare tutta la famiglia che sia cattolica è un po’ raro. In questa comunità, che è una comunità antica ed è una comunità khmer, cambogiana, più di 50 famiglie sono cattoliche - tutta la famiglia vuol dire due, tre o quattro generazioni - e quindi avere una nuova chiesa è proprio una gioia!

D. - All’interno del territorio della parrocchia c’è proprio una parte solo khmer…

R. - Sì, sono responsabile di tre comunità. Dopo il fiume, dopo il Mekong, due sono vietnamite, nate in Cambogia, che conoscono quindi la lingua khmer. Ma questa dove è stata inaugurata e consacrata la nuova chiesa è proprio una comunità khmer, ovvero una comunità cambogiana al 100 per 100.

D. - Una delle sfide è proprio mettere insieme queste due realtà cattoliche. Da una parte quella vietnamita e dall’altra parte quella Khmer…

R.  - Sono popoli che non vanno d’accordo, per il passato sia della Cambogia sia del Vietnam, una tensione che arriva fino ad oggi e la comunità cattolica ne risente. Quindi per noi è proprio una sfida nell’educazione, nella formazione… ma è anche una sfida per il Paese a livello politico, sociale: ricostruire i ponti fra questi due Paesi.

D. - Nella storia recente il Paese ha subito la dittatura di Pol Pot: è rimasto segnato da questa dittatura?

R.  - Sì, soprattutto le generazioni passate. Le generazioni nuove talvolta sanno poco perché a scuola si dice poco. E’ un popolo che vuole anche dimenticare.

D. – La dittatura di Pol Pot fu una dittatura estremamente sanguinaria…

R. - Si calcola che tre milioni di cambogiani vennero uccisi. Un regime crudele contro la propria nazione: cioè un cambogiano contro un cambogiano e questa forse è una cosa più difficile da capire. Lui voleva iniziare una Cambogia “da zero”, rieducare la popolazione e per farlo doveva praticamente uccidere gli strati più elevati: medici, avvocati … Tutti questi sono stati imprigionati e poi uccisi. Quando Pol Pot è entrato a Phnom Penh ha chiesto a tutti di abbandonare la città e tutti hanno lavorato nei campi.

D. – Nella zona di Po Thon vi sono persone che hanno conosciuto le 35 vittime del regime per le quali è stata avviata la causa di beatificazione…

R. – Ci sono stati soprattutto due preti, il padre Salem e il vescovo Joseph Chhmar Salas. Prima dell’arrivo di Pol Pot e prima del 1975 avevano l’abitudine di celebrare Messa in queste comunità. Quindi molti dei nostri cattolici, oggi anziani, li hanno conosciuti, hanno celebrato con loro.

D. – Quali sono le difficoltà che affronta oggi il Paese?

R. – Noi abbiamo tantissimi giovani. Una delle sfide è proprio quella dell’educazione, che i giovani abbiano la possibilità di formarsi, per avere un futuro migliore rispetto a quello dei loro genitori. Poi c’è la sfida sociale, politica, poiché la Cambogia è anche un Paese in grandissimo sviluppo.

D. - Come Chiesa, come missionari, qual è la vostra linea di frontiera?

R. - Siamo pochi preti missionari e questa è una sfida per noi, per la Chiesa in Cambogia. Qui a Phnom Penh in tutto il vicariato abbiamo più di 40 comunità, ma noi preti, che siamo al servizio di questa comunità, saremmo una ventina… Uno dei primi fronti è proprio la cura pastorale e poi c’è l’aspetto della promozione umana, dei diritti… c’è il fronte sociale, le divisioni… E anche l’educazione…

D. – Qual è il rapporto con le altre fedi?

R. – Il buddismo è la religione ufficiale e i rapporti sono molto buoni. In tutte le attività che facciamo c’è una percentuale minima di cattolici, il resto sono tutti buddisti… Bambini, giovani, persone anziane, siamo apprezzati. I rapporti sono molto buoni.








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