2017-02-20 11:51:00

Fiocchi in ospedale: si estende in Italia il sostegno alle neomamme


Grazie alla collaborazione tra Save the Children e la Fondazione Arché onlus, al San Camillo-Forlanini di Roma è approdato il progetto “Fiocchi in ospedale” per aiutare e assistere le mamme prima e dopo il parto. Si tratta del sesto sportello in un ospedale italiano, nato con l'obiettivo di migliorare il benessere del nucleo familiare in un momento fondamentale della sua vita. Il servizio di Roberta Barbi:

Un incontro di armonie tra due realtà leader nel settore dei servizi sociali come Save the Children e Arché: solo così si poteva implementare anche all’ospedale San Camillo, al piano terra del reparto di Ostetricia-ginecologia, uno spazio accogliente con fasciatoi, sale per l’allattamento e occasioni d’incontro con ginecologi, psicologi e professionisti del settore nascita, dedicato alle mamme in attesa e alle neomamme in difficoltà. Ci racconta come sta andando, il coordinatore locale dei servizi in ospedale di Arché, Uli Mittermair:

“Fin dall’inizio il nostro progetto è stato caratterizzato dalla collaborazione. Noi non siamo tuttologi: se viene una mamma qui che ha problemi di allattamento, noi chiamiamo un’ostetrica; c’è una mamma che ha problemi linguistici? Ci sono i mediatori culturali che fanno turni giornalieri in questo ospedale. C’è una mamma che non capisce cosa succede al suo bambino? Abbiamo la possibilità di andare a parlare con il medico… in ogni caso siamo informati e possiamo lavorare con la mamma in tempi che sono più idonei ad aiutarla”.

Il progetto di Save the Children “Fiocchi in ospedale”, attivo nel Lazio dove in pochi anni il dato sulla povertà relativa delle famiglie è salito al 6.9%, ha integrato e valorizzato le attività che già da alcuni anni svolgeva in questo ospedale Arché, come spiega ancora Mittermair: 

“Quando siamo entrati qui all’ospedale San Camillo abbiamo trovato una grandissima sensibilità al sociale. La particolarità qual era? Che qui non si veniva per una malattia, ma si veniva per partorire. Per il medico non c’è tempo di aspettare i tempi delle famiglie, noi, invece, quello che facciamo prima di tutto è aspettare le famiglie, conoscere le famiglie, fare in modo che le famiglie conoscano noi, aspettiamo di comprendere cosa sta succedendo insieme alla famiglia e quali sono le loro capacità e i loro punti di forza: incominciamo da lì”.

La Fondazione Arché onlus nasce a Milano oltre 25 anni fa, inizialmente si occupa di una nuova emergenza di cui allora alcuni minori erano protagonisti: quella dell’Hiv perché nati da mamme sieropositive. In seguito, con i progressi della medicina nell’ambito delle cure per l’Aids, l’attenzione si è spostata sul nucleo mamma-bambino con disagio sociale e fragilità personale, ma senza dimenticare la sua missione originale, quella di “inventare ogni giorno la speranza” come spiega il padre sacramentino Giuseppe Bettoni, che ha fondato Arché nel 1991:

“Nel 1991, quando abbiamo scoperto l’Hiv pediatrico, siamo venuti a contatto con situazioni familiari a dir poco drammatiche. Ci si misurava con la malattia, con la morte e con la sopravvivenza, quindi con il destino di questi bimbi sani che rimanevano orfani; un contesto in cui di speranza ce n’era davvero poca. Ci siamo interrogati su quale fosse la nostra missione: era anche quella di dare una speranza che andasse un po’ al di là di quello che le persone vivevano come una colpa, specialmente le mamme dicevano: 'Come, io ho dato la vita a questa creatura, ma gli ho dato anche la morte per colpa dei miei peccati e dei miei errori?'”.

Oggi Arché non offre solo spazi neonato-famiglia, ma assistenza e aiuto a tutto tondo a mamme e bambini in difficoltà in Italia e all’estero, perché tiene ben presente la definizione che di salute dà l’Organizzazione Mondiale della Sanità: “Uno stato completo di benessere fisico mentale e sociale, non solo l’assenza di malattia”. Dei vari progetti attuati ci parla ancora padre Bettoni:

“Abbiamo due strutture di accoglienza a Milano, un progetto d’intervento sugli ospedali a Milano, a Roma e a San Benedetto del Tronto, abbiamo anche progetti su Milano e su Roma di assistenza domiciliare con minori in gravi difficoltà; abbiamo la presenza in Africa di due giovani che si dedicano alla prevenzione dell’Hiv, siamo in Zambia nella diocesi di Monze e in Kenya nella diocesi di Kisii. Stiamo sviluppando in quest’ultimo tempo un progetto importantissimo verso l’autonomia di queste mamme dove, accanto agli appartamenti dove accogliamo le mamme dopo le comunità, stiamo facendo partire un laboratorio di sartoria. Questo del lavoro è il futuro: si tratta di inventare, ancora, la speranza”.








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