2017-02-18 16:00:00

Yemen, mons. Hinder: Paese devastato dagli interessi


Ancora donne e bambini vittime nello Yemen. E' accaduto in un nuovo raid contro un corteo funebre nel nord di Sana'a. Per l'Onu episodi del genere sono pari a crimini di guerra. Non c'è tregua nel Paese dal 2004 quando governo e ribelli Houti hanno iniziato la guerra, complicata dalla presenza dell'estremismo islamico dell'Is e di Al Qaeda. La popolazione è allo stremo, molte aree sono irraggiungibili dalle Ong e non c'è nessun controllo su quanto avviene. "Non si vede la fine di questa tragedia che si consuma nel silenzio della comunità internazionale", così al microfono Gabriella Ceraso, il vicario apostolico dell'Arabia meridionale, mons. Paul Hinder:

R. – E’ vero che il Paese è in distruzione, è un caos, praticamente. Anche se ci sono delle regioni dove si vive, però si vive male. Ci sono centinaia di migliaia di persone che hanno fame, bambini che muoiono ed è quasi impossibile arrivare in certe zone del Paese. Non so quando finirà questo dramma e questa tragedia. Ho l’impressione che uno dei problemi sia senz’altro che ci sono troppi che guadagnano con questa guerra: tutti i trafficanti d’armi,e poi gli interessi ideologici che stanno dietro… E’ veramente qualcosa di diabolico.

D.  – Le testimonianze che arrivano dalla popolazione dicono: il mondo deve sapere…

R.  – E’ vero,perchè l’opinione mondiale non si interessa tanto di questo conflitto che però è uno dei più pericolosi nella zona e avrà delle conseguenze anche su altre parti del mondo, se continua così. Ma, detto questo, rimane una tragedia per le persone,per chi soffre la fame, per coloro che vivono nell’insicurezza… E tutta la sfiducia che si crea, l’odio che produrrà…

D. – E ricordiamo una cosa che è anche importante: il grandissimo patrimonio culturale di questo Paese, la preziosità distrutta pezzo dopo pezzo…

R. – Mi fa piangere pensare che questo tesoro culturale di un passato così lungo stia andando in pezzi… E’ terribile!

D. – Fa piangere il cuore anche il fatto che anche la presenza religiosa, cristiana non riesca a reggere la gravità, la pericolosità di una realtà del genere...

R. – Questa nostra presenza ora è veramente piccola. Ci sono due presenze ancora ridotte delle suore della carità che continuano il loro lavoro nonstante i rischi e poi ci sono fedeli, persone che rimangono nel Paese per offrire servizio al popolo negli ospedali o altrove, però anche per loro è difficile mettersi in contatto tra di loro perché non possono viaggiare. Abbiamo perso anche la visione d’insieme di tutti i problemi del Paese.

D. – Cosa chiedere a Dio per il futuro del Paese e anche per chi combatte?

R. – Prima di tutto ci vuole per tutti una conversione del cuore e poi un governo che guidi secondo criteri di giustizia e di equità, perché anche quello è un problema, ci sono tanti interessi egoistici di gruppi o tribù che mettono a rischio ogni accordo che si fa… e che la popolazione musulmana possa tornare a una vita musulmana autentica, lontana dagli estremismi che stanno prendendo piede, a un equilibrio anche dell’anima e a un rispetto reciproco all’interno del popolo verso l’esterno.








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