2017-02-18 14:42:00

Quando i cattolici litigano sul web: una via d'uscita


La guerra digitale dei cattolici 
Il ruolo dei giornalisti, secondo Papa Francesco, dovrebbe essere quello di ricordare a tutti che ‘non c’è conflitto che non possa essere risolto, da uomini e donne di buona volontà’. Eppure oggi, nel mondo digitale, in cui tutti abbiamo ormai la responsabilità di comunicare, i cattolici non si distinguono certo per scarsa conflittualità e capacità di promuovere la cultura dell’incontro. Anzi, sembra che i credenti in Cristo non riescano a superare le opinioni divergenti per condividere anche in rete la testimonianza del Vangelo. Si assiste così a scontri poco edificanti e soprattutto apparentemente sterili. Sembra del tutto dimenticato quello ‘stile cristiano’ di presenza nel mondo digitale, fatto di una comunicazione ‘onesta, aperta, responsabile e rispettosa’, auspicato tempo fa da  Benedetto XVI. Come uscirne?

Verità e Misericordia 
“Il nostro lavoro – spiega Martina Pastorelli, fondatrice di Catholic Voices Italia – prende spunto dal progetto di comunicazione nato in Inghilterra nel 2010, e ha lo scopo di equipaggiare i cattolici affinché, nell’odierna società secolarizzata, sappiano comunicare laicamente la loro fede, anche in contesti apertamente disinteressati, se non ostili alla Chiesa”. “In particolare, nel nostro mondo iperconnesso, oggi, siamo tutti comunicatori e per tutti diventa fondamentale imparare a dialogare con l’altro, anche con chi non è d’accordo”. “Nel nostro recente Public Speaking Program, un corso di tre giornate – spiega ancora -  abbiamo però considerato anche l’emergere di divisioni e polemiche interne al mondo cattolico. Serve sempre di più una comunicazione positiva, essere meno difensivi e più inclusivi, mettendo in evidenza la radice cristiana dei nostri valori, per mettere in evidenza ciò che unisce. Ricordare, soprattutto, che diamo un esempio e che – come dice Papa Francesco – la nostra comunicazione deve dire insieme ‘verità e misericordia’. Uscire dalla contrapposizione sterile si può attraverso la connessione con il valore dell’altro. E’ un atteggiamento veramente cristiano che consiste nel cercare di capire le preoccupazioni, le ragioni dell’altro. Ed è l’unico per far partire una comunicazione veramente autentica”.

La disputa felice 
“Oggi che siamo nel pluralismo e continuamente connessi con persone diversissime da noi, abbiamo una sola possibilità: imparare a discutere e a disputare felicemente”, spiega Bruno Mastroianni, giornalista, blogger e docente di comunicazione alla Pontificia Università della Santa Croce. “Ci sarà sempre, infatti, una persona con un’opinione diversa dalla nostra. Dobbiamo imparare a gestire le discussioni senza scadere nel litigio, senza cioè andare ‘fuori tema’ come diceva Chesterton. Con la consapevolezza che la ‘disputa felice’ non è un qualcosa che s’impara a scuola, dove ci si concentra solo sui contenuti”. “Prima dell’era social – spiega Mastroianni - c’erano meno pulpiti e i contrasti erano meno evidenti. Ma è anche vero che il web facilita il litigio. Tra i cattolici avviene ciò che succede in altri ambiti fra persone che condividono dei valori ma hanno punti di vista diversi. La strada è quella di imparare a relazionarsi con l’altro, perché ormai, nel mondo digitale, ce l’abbiamo sempre davanti. Oggi la vera sfida del comunicatore è farsi capire da chi non è d’accordo con noi, cimentarsi appunto con il diverso”.

Credenti o tifosi? 
“Paradossalmente noi cattolici siamo un po’ analfabeti nella comunicazione. Quando discutiamo sul web non si vede tanto, come vorrebbe il Vangelo, che ci amiamo gli uni gli altri, ma si segue il processo della delegittimazione reciproca e della delegittimazione delle autorità ecclesiali”, commenta Guido Mocellin, giornalista e scrittore, curatore della rubrica Wikichiesa sul quotidiano Avvenire. “L’unica via d’uscita mi sembra un paziente apostolato. Chi vede questi limiti dovrebbe sforzarsi, anche nel suo piccolo, di attuare una vera opera di conversione”. “Curando la mia rubrica per Avvenire – aggiunge Mocellin – trovo anche tante esperienze positive nel web cattolico, e in particolare le ‘storie’. Storie di prossimità, di testimonianza di fede nella malattia. Tutti temi che vanno al di fuori delle questioni di politica ecclesiale che, a mio parere, restano tematiche secondarie rispetto alla ricerca di vita evangelica”. “Purtroppo – conclude Mocellin – l’odierno modello del dibattito pubblico fra cattolici nasce in televisione, al famoso ‘Processo del lunedì’, ed è inconcludente proprio perché basato sul tifo per una squadra e dunque sul pregiudizio piuttosto che sulla ragione”.








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