2017-02-14 13:49:00

La Somalia riprende a battere moneta. Le speranze di mons. Bertin


La Somalia riprenderà a stampare banconote. Il Paese non emetteva valuta dalla caduta del governo di Siad Barre nel 1991, data dalla quale sono cominciate a circolare monete occidentali. La notizia, dopo l’elezione nei giorni scorsi del nuovo Presidente, è stata resa nota dal governatore della Banca Centrale somala, Bashir Ali Issa, che ha detto che la stampa di banconote potrebbe già avvenire nel corso di quest’anno. Sull’importanza di questa scelta Giancarlo La Vella ha sentito mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio:

R. – Bisogna dire che dal 1991 diversi "signori della guerra" avevano stampato diversi tipi di moneta, sempre scellino somalo.

D. - Ma il fatto che questa volta sia proprio la Banca centrale a dare la notizia, fa capire che insomma si sta andando verso una maggiore solidità delle istituzioni …

R. - È quello che tutti speriamo.

D. - Dopo l’elezione del Presidente com’è la situazione in Somalia?

R. - È difficile, perché è stato eletto mercoledì scorso; per le vie di Mogadiscio c’è stata una grande euforia e in generale anche in altre parti della Somalia, compresa la Comunità internazionale, perché sembra una persona capace, di buona volontà. Aveva già avuto qualche esperienza di governo, ma si vive con questo senso di euforia. Bisognerà che a questa euforia, a questa buona accoglienza da parte della popolazione somala corrispondano poi degli impegni precisi da parte delle autorità e del Presidente. Bisognerà vedere poi quale sarà la formazione del Consiglio dei ministri.

D. - In questo momento, è importante che la Somalia ricominci a dialogare anche con la comunità internazionale?

R. - Sì. Un certo dialogo con la comunità internazionale era già stato fatto in questi ultimi anni. Però, dopo un po’ di tempo, c’è stata un po’ di stanchezza, soprattutto in questi ultimi due anni. Allora, è un momento di ravvivare un po’ questo dialogo così importante, tenendo conto che anche la comunità internazionale ha bisogno non tanto di guardare ai propri interessi, ma agli interessi, al bene della popolazione somala e della Somalia.

D. - Che tipo di ostacolo rappresenta il terrorismo degli al Shabaab?

R. - Rappresenta un ostacolo, ma anche una sfida. Bisognerà rispondere a questo grosso ostacolo non solo con i mezzi armati, ma magari con il dialogo e soprattutto prestando quei servizi di cui la popolazione ha bisogno: servizi sanitari, educativi e un po’ di sicurezza. Se si è in grado rispondere a queste necessità, penso che il grosso ostacolò che rimane, quello del fondamentalismo, potrebbe essere vinto alla lunga, soprattutto con il supporto della popolazione.








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