2017-02-11 16:30:00

Turkmenistan: voto scontato alle presidenziali


Turkmenistan al voto oggi per eleggere il nuovo presidente, tra 9 candidati, incluso il capo di Stato uscente Berdimuhamedov, al potere dal 2007. Un Paese con potenzialità altissime dal punto di vista economico, ma pieno di contraddizioni e - afferma Amnesty International - costanti violazioni dei diritti umani, primo tra tutti la libertà religiosa. E a pagare sono spesso i cristiani. Cecilia Seppia:

Tra i primi posti del Continente asiatico, il sesto al mondo, il Turkmenistan, con 13 trilioni di metri cubi, è uno dei Paesi più ricchi di giacimenti di gas naturale. Negli ultimi anni grazie all’apertura di investimenti stranieri e all’istaurazione di nuove relazioni internazionali, il governo di Aşhgabat ha ottenuto la consacrazione di capitale energetica dell’Asia centrale. Fulvio Scaglione, esperto dell'area:

“Il Turkmenistan è un Paese che si affida, per la sopravvivenza e il benessere dei suoi cittadini, soprattutto all’esportazione del gas naturale, che va per circa il 50 percento alla Cina e il resto è diviso in parti abbastanza equipollenti tra Russia e Iran. Quindi ha una ‘vocazione’ molto precisa: i Paesi come il Turkmenistan in Medio Oriente vengono definiti come ‘petro-monarchie’, perché sono delle monarchie, e qui ci andiamo vicini. Per il resto, è un Paese che con i proventi del gas finanzia un sistema di welfare piuttosto pesante per le casse dello Stato, e che infatti, in questi ultimi tempi, sta andando piuttosto in crisi perché il commercio del gas non rende come rendeva una volta. E poi naturalmente c’è tutta la situazione dei diritti umani, che è un capitolo piuttosto triste”.

Gli occhi della comunità internazionale sono dunque puntati su questa tornata elettorale, la prima dopo le modifiche apportate alla Costituzione, ma gli avversari del presidente in carica, Berdimuhamedov, al potere dal 2007 e sostenuto dal Partito Democratico del Turkmenistan, non sembrano essere in grado di sfidarlo: tra di loro il leader del partito degli Industriali e degli Imprenditori, nonché presidente di "Rysgal” della banca commerciale, Bekmyrat Atalyev, il candidato del Partito Agrario Durdygylych Orazov. Altri, sostenuti da iniziative popolari, le cui campagne elettorali per quanto i contenuti fossero buoni e validi, sono state in linea di massima fallimentari. Che cosa bisogna dunque aspettarsi? Ancora Scaglione:

“Praticamente nulla, nel senso che il presidente uscente, Gurbanguly Berdimuhamedov, sarà rieletto. È una di quelle tipiche elezioni che una volta, ai tempi del blocco sovietico, si sarebbero definite ‘bulgare’. Berdimuhamedow aveva ottenuto, nella precedente tornata elettorale, il 95 percento dei voti, e replicherà questo risultato, anche perché nell’autunno scorso sono state apportate delle modifiche alla Costituzione appositamente studiate per lui: e cioè un prolungamento del mandato presidenziale da cinque a sette anni; ed è anche stato tolto il limite dei 70 anni di età per il capo dello Stato. Peraltro, ci sono nuovi candidati in quest’elezione: gli altri otto sono tutti personaggi a lui vicini, e comunque semi-ininfluenti; e quindi il risultato è scontato”.

Ma spesso alla ribalta delle cronache questo Paese è salito tristemente per la violazione dei diritti umani e in particolare della repressione della libertà religiosa e di pensiero, punita dalle autorità con il carcere duro, maltrattamenti e torture:

“C’è una compressione dei diritti civili molto molto forte: di tutti i diritti civili. E poi in particolare contro le comunità religiose c’è un accanimento speciale, intenso. D’altra parte, bisogna tenere presente che a tutte le comunità religiose è fatto obbligo di studiare il Ruhnama, che è un testo di scritti religiosi del precedente presidente, Saparmyrat Nyýazow. Quindi questo già dà l’idea di quale sia la situazione e il livello di tolleranza. E poi naturalmente carcere, persecuzioni…Tanto è vero che le comunità religiose molto spesso preferiscono rimanere nello stato di clandestinità, piuttosto che affrontare una complessa e repressiva procedura di registrazione, che poi li espone alle attenzioni molto poco piacevoli del regime”.

Nessuna novità dunque se non qualche sussulto dal punto di vista sociale contro un welfare definito da molti “eccessivo”, longa manus di quel paternalismo con cui Berdimuhamedov riesce a governare i suoi 5 milioni di cittadini:

“Sì, è una formula molto tipica di questi Paesi. È una formula che nell’Asia Centrale è stata ed è molto praticata. È stata quasi la regola praticamente un po’ dappertutto dopo il crollo dell’Unione Sovietica e l’indipendenza di questi Paesi. Sono le ricchezze naturali ovviamente a tenere in piedi questo tipo di atteggiamento. E finché il Turkmenistan avrà del gas da vendere, e quindi dei ricavati da spendere, probabilmente questo sistema, e i regimi che lo interpretano resteranno in piedi”.








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