Il padre gesuita David Neuhaus, vicario patriarcale per i cattolici di lingua ebraica del Patriarcato latino di Gerusalemme, nella sua veste di coordinatore della Pastorale per i migranti ha rivolto una lettera aperta a Aryeh Deri, ministro degli Interni dello Stato d'Israele, facendo riferimento al caso di 14 undicenni filippini, nati in Israele da coppie di lavoratori immigrati, che adesso si trovano a rischio di espulsione immediata dal Paese con le loro famiglie, per il fatto di non essere in possesso di documenti di residenza.
Gli adolescenti sono nati in Israele e parlano quasi solo l’ebraico
Nella lettera – riferisce l’agenzia Fides - il sacerdote di origine ebraica fa riferimento
anche a Manuel Quezon, il Presidente filippino sotto il cui mandato il Paese asiatico,
nel 1930, accolse più di 1.300 ebrei fuggiti dall'Europa, salvandoli dai campi di
sterminio nazisti. “Avete deciso” scrive nel suo appello padre David, riferendosi
agli adolescenti filippini a rischio espulsione “che non c'è posto per loro nello
Stato di Israele. Questi giovani sono stati tutti nati qui, parlano quasi solo ebraico,
considerano questo Paese come la loro patria e hanno soltanto un sogno: costruire
qui la loro casa, contribuendo allo sviluppo e alla prosperità del nostro Paese”.
I loro nonni accolsero nelle Filippine gli ebrei in fuga dalla Shoa
I nonni di quei ragazzi - rimarca il sacerdote gesuita - “hanno aperto le Filippine
agli ebrei in fuga dalla Shoah. I loro genitori sono venuti qui per prendersi cura
dei nostri anziani, disabili e malati e farlo giorno per giorno con devozione e amore.
Molti di loro hanno lasciato i propri genitori anziani, parenti disabili e malati
per prendersi cura dei nostri”.
La loro espulsione è “un atto di crudeltà” che “tradisce una memoria di
gentilezza e generosità
Nella lettera, l'eventuale espulsione dei bambini filippini viene definita da padre
Neuhaus come “un atto di crudeltà” che “tradisce una memoria di gentilezza e generosità”.
Il gesuita, alla fine del suo messaggio, invita il ministro a cancellare il decreto
di espulsione, e ricorda che anche i profughi del Darfur e dell'Eritrea sono “i veri
fratelli e sorelle di quegli ebrei che fuggirono dalle persecuzioni subite in quanto
ebrei, trovarono rifugio qui”. (G.V.)
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