2017-02-07 14:42:00

Amnesty: in Siria 13mila impiccagioni segrete in carcere


Una politica di sterminio: è stata quella, secondo Amnesty International, condotta dal regime del Presidente siriano Bashar al-Assad, tra il 2011 e il 2015, nei confronti di chiunque fosse ritenuto un oppositore. In cinque anni, denuncia l’organizzazione, sarebbero state 13mila le persone impiccate in prigione, le cui storie sono state raccontate da 84 testimoni. Servizio di Francesca Sabatinelli:

"Una macelleria umana" così il titolo del rapporto di Amnesty International sulle atrocità commesse da Damasco in un carcere del regime, quello di Saydnaya, uno dei più grandi Centri di detenzione della Siria, a 30 chilometri a nord della capitale. E’ anche da lì che sarebbero uscite le testimonianze di parte degli 84 accusatori che hanno fornito ad Amnesty le informazioni. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia:

“Un sistema di impiccagioni di massa su scala industriale, potremmo dire, che ha visto dal 2011 al 2015 almeno 13 mila detenuti finiti nella prigione militare di Saydnaya venire impiccati a gruppi di 50, una volta a settimana, nottetempo e praticamente senza processo: quasi tutti civili oppositori al regime di Bashar al Assad estranei al conflitto vero e proprio in quanto non appartenenti, nel 90% dei casi, ai gruppi armati dell’opposizione".

Tra gli 84 testimoni, 31 ex prigionieri scampati alla morte, ma anche giudici e guardie carcerarie. Ancora Noury:

“Si arriva a un punto in cui evidentemente non ce la si fa più a prendere parte a questo sistema che è "un mattatoio umano", così lo ha definito Amnesty International. Sono tante le persone che hanno disertato da quell’orrore, così come giudici di questa Corte marziale all’interno della prigione che celebrava processi assolutamente farsa, con udienze di due minuti e una mera comunicazione all’imputato che l’impiccagione avrebbe avuto luogo di lì a poco tempo”.

Abusi senza precedenti sarebbero stati condotti soprattutto sui civili, molti dei quali giovanissimi. Ciò che è avvenuto nel carcere di Saydnaya, che probabilmente continua ancora, è da configurarsi, spiega ancora l’organizzazione, come un crimine di guerra e contro l’umanità:

“Anche di natura particolarmente perversa e massiccia perché a questi 13 mila morti per impiccagione dobbiamo aggiungere 17 mila morti di tortura, più le conseguenze di una politica di ‘deumanizzazione’, un trattamento carcerario crudele fatto di diniego del cibo, dell’acqua, di assenza di cure mediche, di sovraffollamento. Si parla, per quanto riguarda le prigioni siriane e soprattutto Saydnaya che è un po’ il vero centro della repressione, forse di più di 30 mila vittime. Quindi c’è materia per un’indagine seria della Corte Penale Internazionale che noi stiamo sollecitando dal 2011, in assenza della quale accade che ai negoziati di pace prendono parte persone che dovrebbero stare dietro alle sbarre del Tribunale internazionale”.

Lotta al terrorismo con ogni mezzo, ha sempre ripetuto il Presidente Assad che accusa l’Unione europea di aver sostenuto sin dall’inizio, coloro che definisce “terroristi”:

“Il Presidente Assad sostiene che si tratti di lotta al terrorismo. Ora, c’è da dire che anche se le persone impiccate su questa scala industriale a Saydnaya fossero stati terroristi, nondimeno quello che è stato fatto nei loro confronti è un crimine. C’è una vera e propria politica di negazionismo da parte del Presidente Assad e di tanti suoi seguaci, anche in Italia, e da parte dei governi che lo appoggiano come quello della Russia e come quello dell’Iran. Se non sta succedendo nulla in Siria di quello che Amnesty International denuncia da anni, sarebbe bene che la stessa Amnesty venisse fatta entrare nelle prigioni e sarebbe bene che gli esperti dell’Onu potessero visitare il Paese, altrimenti vuol dire che c’è qualcosa di tanto grande da nascondere”.

Ed è proprio ai governi di Mosca e Teheran, ma anche a quello del neo Presidente americano Trump che Amnesty rivolge il suo appello affinché facciano pressioni e usino tutta la loro influenza per convincere al Assad a porre fine a quella che viene definita una ‘carneficina’.








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