2017-02-04 12:56:00

Usa. Giudici federali contro Trump su migranti. Nuovo stop negli Usa


Continua il braccio di ferro tra il Presidente Usa Trump e la giustizia federale, in merito alle restrizioni imposte a cittadini di sette Paesi a maggioranza musulmana che stanno sollevando polemiche in tutta il mondo. Un giudice di Seattle - è il terzo finora - ha sospeso temporaneamente il divieto considerandolo dannoso per lo Stato di Washington. È la prima sentenza a giudicare la costituzionalità del divieto in senso lato con valenza quindi nazionale. Trump ha già annunciato ricorso. Ma qual è la valenza effettiva dei giudici sulla politica del Presidente? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Elisabetta de Franciscis docente di Diritto costituzionale comparato all’Università Federico II di Napoli:

 R. – I giudici federali, di fatto, sono la speranza per scardinare una sua decisione, in quanto sono i garanti della costituzionalità delle azioni. È chiaro che il Presidente cercherà di fare appello, basandosi sul suo potere-dovere di difendere la sicurezza nazionale. In quel caso la parola sarà della Corte Suprema, attualmente pro-Presidente.

D. - Si è mai verificata una situazione del genere di scontro così frontale?

R. – Sì, ce ne sono state parecchie. La più recente è quella contro George Bush sulla questIone di Guantanámo; la stessa Corte Suprema, in quel caso, bloccò tutte le azioni del Presidente, dichiarandole incostituzionali perché negavano i diritti umani. Ma nel passato ce ne sono state con Franklin Delano Roosevelt, con il Presidente, a cui si ispira tra l’atro Trump, Andrew Johnson che arrivò addirittura a subire due processi di messa in stato di accusa in seguito alla resistenza dei tribunali federali. Quindi gli scontri ci sono stati.

D. - E la Corte Suprema, in base a che cosa decide? Il parere contrario di tanti giudici federali ha un peso?

R. - Certamente la Corte non potrà ignorarlo; dovrà valutare tra il dovere del Presidente di difendere la nazione e la negazione dei diritti umani. La negazioni dei diritti di solito deve avvenire con una legge speciale del Congresso; questa legge non c’è stata e che io sappia il Congresso non l’ha calendarizzata. Quindi la Corte dovrà bilanciare: probabilmente, se si mantiene equilibrata dovrebbe pronunciarsi su un eccesso di potere del Presidente. Ma comunque dovrà prendere in considerazione la reazione mondiale e quella dell’Onu, che so che si sta preparando a reagire.

D. - Già oggi c’è stato un caso di una bambina iraniana molto malata, la cui famiglia era stata prima bloccata in ingresso, perché l’Iran è nella lista che Trump ha stilato, poi è stata ammessa per essere operata in un ospedale di Manhattan. Questo episodio a livello giuridico ha un valore?

R. - Crea un precedente di sospensione, quindi casi simili dovrebbero subire la stessa “fortunata” situazione. Io credo che più di una ricaduta giuridica, questi casi individuali, anche quelli dei giudici che sospendono, avranno una ricaduta politica, nel senso di svegliare un po’ le coscienze sulla gravità e l’eccesso di ricorso ai poteri esecutivi che già in queste prime settimane il Presidente Trump ha dimostrato voler usare.

D. - Qual è il suo parere da giurista, da studiosa su quanto sta accadendo?

R. - Da giurista, questo ricorso ai poteri esecutivi mi sembra eccessivo e non necessario. Trovo la sospensione dei diritti umani di una gravità infinita per una nazione che comunque fa parte dell’Onu ed ha firmato tutti i documenti sui diritti. Non è la prima volta che accade negli Stati Uniti e, come dicevo, di solito è proprio l’organo giudiziario che riporta equilibrio. Quindi bisognerà vedere. Da quello che leggo, si stanno svegliando le coscienze, si stanno risvegliando le organizzazioni, c'è a mio parere un tentativo di ripristinare le cose. 








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