2017-02-04 14:42:00

Sisma, i vescovi: lo Stato coinvolga le Diocesi nella ricostruzione


La ricostruzione dei beni ecclesiastici nelle regioni dell’Italia centrale colpite dallo sciame sismico è stata al centro dell’incontro, ieri a Macerata, tra il commissario straordinario del Governo per la ricostruzione Vasco Errani e i vescovi di Lazio, Marche, Abruzzo e Umbria. I presuli hanno ribadito la necessità che le Diocesi e le comunità locali vengano coinvolte nel processo di progettazione e di riedificazione. Francesca Sabatinelli:    

Ora che si inizia a mettere a punto le analisi dei singoli edifici danneggiati, le idee sono più chiare e per i vescovi delle zone dell’Italia centrale colpite dal terremoto un aspetto su tutti prevale, quello della necessaria collaborazione tra Diocesi e Stato centrale nella ricostruzione dei beni distrutti o resi inagibili dal sisma. Le chiese sono nostre, le conosciamo bene - spiega mons. Nazzareno Marconi, vescovo di Macerata-Tolentino, per questo è necessaria la collaborazione:

“Solo chi conosce tutta la storia di un edificio, di una chiesa, chi che ne ha curato i restauri precedenti, chi sa quale sia l’utilizzo mensile, settimanale, quotidiano di una chiesa è in grado di dare le indicazioni migliori sia per una messa in sicurezza che per un futuro recupero. Per questo un governo che non coinvolge i livelli locali, che non crea un ottimo tandem tra la Chiesa, che è proprietaria degli edifici, e l’amministrazione governativa, che vuole risistemarli e restaurarli, sarebbe molto miope. Questo è un discorso molto chiaro! Qui siamo i primi interessati a fare le cose bene, a farle onestamente e a farle per il bene della nostra gente. Per cui lo Stato avrebbe tutto l’interesse a collaborare con noi. L’attenzione di Errani mi sembra che vada proprio in questa direzione. Un terremoto così diffuso sul territorio non c’è mai stato in Italia, un terremoto con un numero così alto di beni culturali danneggiati non c’è mai stato in Italia per cui, davanti a queste due realtà, bisogna valorizzare al massimo la collaborazione di tutti. Un’unica struttura che pretenda di gestire tutto fin nella scelta del singolo tecnico, nella scelta della singola ditta e nell’approvazione del singolo minimo progetto, diventa un collo di bottiglia che non farà mai andare avanti la ricostruzione. Io credo che dire ad un vescovo, attraverso i suoi parroci: 'La chiesa ve la restauriamo noi, però voi non ci dovrete entrare per niente!', sarebbe sballato”.

Tolentino è stata colpita duramente dal sisma, così come altre tre vicarie. Per celebrare ci si affida a soluzioni di emergenza che dovranno andare avanti per almeno 2-3 anni, spiega ancora mons. Marconi:

“Io ho la mia cattedrale, le quattro concattedrali chiuse, non distrutte ma seriamente danneggiate, questo vuol dire che non si riapriranno di qui a qualche mese. Io ho una cinquantina di chiese chiuse con danni che richiedono studio, valutazione della statica di alcune parti della struttura e un lungo lavoro di recupero. Per dare un’idea: in tutta la città di Tolentino sono rimaste in piedi due chiese e ce ne erano 12-13, non è che sono crollate, ma sono inutilizzabili, compreso il Santuario di San Nicola e Tolentino vive sul pellegrinaggio a San Nicola. Tutte le chiese del centro storico di Macerata sono chiuse. E’ aperta solo la cappellina della Madonna della Misericordia, una cappellina per 70 persone. Per questo stiamo dicendo: sulle messa in sicurezza dateci modo di agire in prima persona, di essere protagonisti, perché ci preme tanto!”.

Il timore dei vescovi e delle loro comunità è che si possa scivolare verso una gestione della ricostruzione molto centralizzata che non valorizzi i livelli locali e che per questo potrebbe trasformarsi in un boomerang.








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