Papa Francesco incontrerà domani gli oltre mille partecipanti all’Incontro sull’Economia di Comunione, promosso dal Movimento dei Focolari. Si tratta di una rete di imprenditori, presente in tutti i continenti, nata nel 1991 da un’idea di Chiara Lubich, rimasta colpita - durante un viaggio in Brasile - dai grandi contrasti economici del Paese. E’ un’esperienza di economia alternativa, basata sulla fraternità e sulla condivisione dei profitti. Prima dell’udienza con il Papa, alcuni partecipanti all’evento hanno incontrato a Roma i giornalisti per spiegare cosa sia l’Economia di Comunione. Il servizio di Marina Tomarro:
Condividere i profitti non solo tra i lavoratori ma anche fuori dall'azienda, pensando a chi ha bisogno, espandendo la produzione al di là dei propri confini, per il bene comune, in maniera non più teorica ma concreta. E’ questo l’obiettivo dell'Economia di Comunione che da 25 anni coinvolge numerosi imprenditori in tutto il mondo. Luigino Bruni, coordinatore internazionale della rete:
R. – E’ uno sguardo diverso sull’economia, non è una forma di non profit nuova, è un dire: la vocazione vera dell’economia è una vocazione di condivisione. Quando l’economia è l’arricchimento di qualcuno contro gli altri diventa diseconomia, negazione dell’economia stessa. Quindi noi cerchiamo di dire qual è la vocazione dell’economia, ma di tutti: non del non profit, dell’economia sociale… Quindi è una sfida grande, anche se siamo piccoli, perché è una sfida che tocca il cuore del fare economia. Se l’economia è cooperazione è mutuo vantaggio è crescere insieme, allora non può non essere in qualche modo anche condivisione della ricchezza con gli altri. E’ una sfida molto ambiziosa, grande, anche se siamo piccoli!
D. – Cosa spinge un imprenditore a far parte dell’Economia di Comunione?
R. – Innanzitutto una chiamata interiore. Questa è gente che ha ascoltato una volta una voce interiore e siccome il mondo è pieno di voci, in senso bello, la gente sente delle ispirazioni, la vita economica è piena di vocazioni: le persone sentono chiamate in ambito più alto, religioso, artistico, ma anche in ambito economico perché si sente un incontro, un momento in cui tu dici: "Bene, che cosa dirò ai miei nipoti, ai miei figli? Tuo nonno, tuo papà ha speso la vita per un’altra economia, che diventa una faccenda identitaria non semplicemente un’attività di volontariato". Quindi questa è una bella notizia perché l’economia può essere solo un luogo di eccellenza anche etica e morale.
D. – Di fronte a un mondo che spinge verso il materialismo: quanto premia fare un’economia del genere?
R. – Dal punto di vista dei profitti poco. Premia molto in altre forme di remunerazione che sono il sentirsi la coscienza a posto, il sentirsi parte di un progetto che aiuta persone in difficoltà e nel fare il proprio dovere.
D. – Sono 25 anni, come si è evoluta l’Economia di Comunione?
R. – Intanto è viva ed è una bellissima notizia, cresce ed è oggi una delle più belle notizie in Africa dove ci sono tante imprese, Sudamerica, Cuba, Vietnam… E’ nata in tanti Paesi nuovi… Siccome è un seme buono, un seme di gratuità, si misura nel tempo, non si misura nei mesi. Noi siamo vivi e siamo felici, questa è una bellissima notizia.
Tante sono le storie di questi imprenditori che decidono ad un certo punto di cambiare la loro visione del lavoro allargando gli orizzonti verso chi ci è prossimo anche nella quotidianità. Come ha fatto John Mundel, proprietario nell’Indiana, negli Stati Uniti, di una azienda che si occupa di consulenza ambientale. Ascoltiamo la sua testimonianza:
R. - Il primo passo è impegnare me stesso come imprenditore nell’Economia di Comunione, cioè è necessario che io per primo la applichi nella mia azienda, e questo vuol dire rendersi conto delle persone che ci sono accanto e che lavorano con noi, dai dipendenti ai corrieri. Perciò non è solo aiutare i poveri, ma vivere questo stile a partire dal nostro quotidiano.
D- In che modo avete cercato di diffondere l’idea dell’Economia di Comunione?
R. - Abbiamo cercato di diffondere questa cultura attraverso conferenze all’università o andando a parlare in diverse aziende. Abbiamo sviluppato anche un programma di tirocinio per i giovani, che sono arrivati da noi da tutto il mondo, per imparare questo spirito di condivisione e poi riproporlo nelle loro aziende nei Paesi d’origine.
D. - L’America ha subito pesanti crisi economiche negli ultimi anni. L’Economia di Comunione ha aiutato in questo caso?
R. - Credo che l’Economia di Comunione serva anche a superare le crisi economiche di questi ultimi anni. A volte gli imprenditori sono individualisti, ma le difficoltà possono essere superate solo insieme, nessuno può salvare il mondo da solo, ma dobbiamo lavorare insieme per fare qualcosa di positivo. Io credo che oggi si abbia bisogno di questo, non di eroi solitari.
I primi imprenditori che hanno abbracciato l’Economia di Comunione sono stati brasiliani. E proprio in Brasile oggi sono tanti quelli che l’hanno scelta come stile di vita e sul lavoro. Ce lo racconta Maria Helena Ferreira, presidente dell’associazione brasiliana di Economia di Comunione:
R. - In Brasile sono stati davvero tanti gli imprenditori che hanno aderito all’Economia di Comunione. Da noi infatti circa il 98% delle aziende sono piccoli negozi e il nostro obiettivo è quello di lavorare e realizzare progetti insieme. E’ lì il nostro elemento di forza, creare una cultura di comunità dove i problemi si affrontano insieme e non da soli.
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