“Non vorrei che questo fosse un segnale preso ad esempio anche dai paesi europei come modo per gestire i movimenti di persone, perché non è affatto una soluzione”. Fr. Gioacchino Campese, missionario scalabriniano, per sette anni in servizio sulla frontiera Usa-Messico, a Tijuana, e oggi docente presso il Simi (Scalabrini International Migration Institute), commenta l’ordine esecutivo con cui il presidente Usa Donald Trump ha confermato la sua promessa elettorale di costruire un muro al confine con il Messico.
Aumentano sofferenze dei vulnerabili
“E’ comprensibile la preoccupazione dei vescovi messicani
che questa scelta aumenti le sofferenze dei più deboli e vulnerabili e ciò si sta
già verificando”, spiega fratel Campese. “I vescovi e i parroci negli Usa
ci confermano che la paura di essere separati nelle famiglie dei migranti, che già
c’era, sta aumentando in maniera esponenziale. Genitori temono di essere
fermati dalla polizia e deportati e di non poter tornare a casa dai propri figli”.
La storia insegna
“Alcune barriere fra i due Stati già esistono, soprattutto
nelle zone urbane. Però non sono servite a nulla, basta studiare
la storia che c’insegna che i muri e le forze militari non hanno mai fermato i movimenti
di persone”.
Spostano e non fermano
“I muri, anche presidiati da guardie armate, spostano
i flussi di migranti, che li aggirano, ma non li bloccano. Stiamo parlando di tremila
chilometri di confine ed è quindi relativamente facile trovare altri passaggi o scavare
tunnel come già avviene”. “Inoltre – spiega fr. Campese – l’annuncio di questo
tipo di gestione è una scelta populista, poiché in realtà è estremamente
costosa, si parla di miliardi di dollari, e ancora non si è capito su chi ricadranno
queste spese”. “Un altro fattore che rende pericolosi questi muri è che causano migliaia
di morti perché intensificano i tentativi di passaggio nelle zone desertiche che sono
le più pericolose”.
Danno lavoro ai trafficanti
“I muri, inoltre, intensificano il lavoro dei trafficanti
di persone e aumentano il denaro che finisce nelle loro tasche. Infine, come cristiani,
non possiamo governare un Paese, una società, con la logica dell’esclusione, con il
demonizzare determinate nazioni o religioni. Credo che la logica che c’insegni
il Vangelo sia quella dell’incontro, dell’inclusione, della solidarietà.
Ed è così che vanno gestite le migrazioni, come c’insegna Papa Francesco, o meglio
il Vangelo”.
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