2017-01-28 14:30:00

Crisi in Ucraina: attesa per l'incontro tra Poroshenko e Merkel


C'è attesa per l’incontro, questo lunedì a Berlino, tra il presidente ucraino Petro Poroshenko e la cancelliera tedesca Angela Merkel. Sul tavolo la crisi nell’area che dal 2014 ha provocato circa 10 mila morti e 22 mila feriti. Nonostante il cessate il fuoco, decretato a dicembre scorso, nell’area continua un conflitto a bassa intensità con vittime e feriti, soprattutto nel Donbass. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con Fulvio Scaglione, esperto dell’area:

R. – La situazione è proprio questa: mezza pace e mezza guerra, che si è ormai cronicizzata, perché nessuna delle due parti sembra fare alcun particolare sforzo per superare questo stallo sanguinoso e cruento.

D. – Poroshenko incontra la Merkel: che cosa ci si può aspettare?

R. – Io credo che ci si possa aspettare abbastanza poco da questo incontro. Verrà ricordato che bisogna rispettare gli accordi di Minsk, come ha fatto il premier inglese Theresa May a Washington, ma entrambe le parti, sia il governo ucraino sia i separatisti spalleggiati dalla Russia, sono molto indietro rispetto agli accordi di Minsk, ognuno per la sua parte – gli uni per gli aspetti più legati al fronte militare; il governo ucraino più per quello che riguarda l’adeguamento della legislazione nazionale appunto agli accordi di Minsk, che prevedono una larga autonomia per il Donbass. Questa larga autonomia non è neanche stata discussa in Parlamento – non solo non è stata determinata – quindi, entrambe le parti sono colpevoli di non aver rispetto per gli accordi di Minsk, ma entrambe si appelleranno al loro rispetto.

D. – In questo contesto, Trump, in sostanza, ha messo in discussione la Nato, che gioca un ruolo importante in questa situazione…

R. – Assisteremo a poche evoluzioni rispetto al quadro attuale. Non credo che Trump sarà in grado di toccare il complesso sistema di alleanze che lega tutta una serie di Paesi che sono usciti dall’orbita sovietica, sono entrati nell’Unione Europea, ma sono assai più fedeli a Washington che a Bruxelles, tanto per dire: la Polonia o i Paesi Baltici. Non credo che Trump andrà a mettere le mani in questo ginepraio.

D. – Come si esce da questo stallo che si sta vivendo nell’area?

R. – Gli accordi di Minsk certo non sono la panacea di tutti i mali, ma hanno prospettato, in effetti, una via di uscita possibile – diciamo che ha una sua logica – e cioè una forte autonomia alla regioni russofile e russofone del Donbass, all’interno dell’Ucraina. Ora, questa è una cosa su cui si sono detti d’accordo tutti. Purtroppo, nella realtà, ci sono delle spinte in entrambi i fronti che vanno contro questo tipo di proposta che – ripeto – è una proposta che ha una sua ragionevolezza, almeno nel breve termine, per spegnere queste tensioni così crudeli. In Ucraina ci sono fronti molto più estremi che contestano questo tipo di soluzione come una resa, e in Russia ci sono, anche e soprattutto all’interno, dei separatisti che a questo punto non vogliono più l’autonomia all’interno dell’Ucraina ma vogliono diventare parte della Russia. Ci sono quindi delle spinte contro gli accordi di Minsk che le rispettive parti, Cremlino e Poroshenko, non sono in grado di neutralizzare, e che purtroppo contribuiscono a mantenere in vita questa guerra. È una situazione apparentemente senza uscita in questo momento, a meno di una forte, ma veramente forte, iniziativa politica.








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