2017-01-23 08:00:00

Opus Dei al voto per eleggere il nuovo Prelato


Con una Messa celebrata questa mattina a Roma, è entrata nel vivo l’elezione del nuovo Prelato dell’Opus Dei. Al voto, che inizia oggi pomeriggio, partecipano 194 fedeli della Prelatura: sacerdoti e laici  nominati tra i fedeli delle diverse nazioni in cui l’Opera svolge il  proprio lavoro pastorale. Una volta eletto, il nuovo Prelato dovrà ricevere la nomina dal Papa e diventerà il terzo successore di san Josemaría Escrivá  e sostituirà nella carica mons. Javier Echevarría, deceduto a Roma lo scorso 12 dicembre. Federico Piana ne ha parlato con don Carlo De Marchi, vicario della Prelatura dell'Opus Dei per Roma e l'Italia centro-sud:

R. – Sì, l’Opus Dei – in due parole – è una parte della Chiesa che aiuta persone normali, fedeli comuni a cercare Dio nella vita quotidiana, nel lavoro, nella famiglia… E aiuta all’interno della Chiesa, in ogni realtà locale, offrendo formazione, offrendo aiuto, sostegno. E’ quello di cui tanti fedeli - soprattutto laici - hanno un grande bisogno. Ecco, l’Opus Dei è nella Chiesa un cammino che aiuta a cercare e a trovare Dio nella vita quotidiana. Questo in due parole…

D. – Veniamo al congresso per eleggere il Prelato dell’Opus Dei. Con quale spirito si è aperto?

R. – Direi che lo spirito è quello di questo momento della Chiesa. Intanto, come sempre in questo tipo di momenti, appunto, della vita della Chiesa, c’è una grande apertura a quello che lo Spirito Santo vuole dire attraverso questo momento ecclesiale. Lo spirito credo sia quello di questo momento: si è appena chiuso un Sinodo sulla famiglia e si sta iniziando la preparazione di un Sinodo sui giovani e la fede, io vengo sicuramente con questa sensibilità anche ai lavori del congresso e quindi con una grande apertura a come aiutare i fedeli della Chiesa - soprattutto i laici, ma anche i sacerdoti – a vivere questa attenzione prioritaria alla famiglia e ai giovani. Penso che questi siano grandi temi… Però ripeto che lo spirito è quello di ascolto. Si tratta anche di una riunione internazionale: ci sono persone veramente di tanti Paesi del mondo, di tante culture. E’ importante ascoltare anche quello che succede – come Papa Francesco dice sempre – nelle periferie, perché “a volte il mondo si capisce molto meglio se è visto dalle periferie”, dice sempre il Papa. Credo che sarà anche un’esperienza anche di questo, di ascolto delle periferie, cercando di portare al centro la sensibilità anche a chi viene da lontano.

D. – In che modo viene scelto il Prelato?

R. – Sostanzialmente attraverso una elezione, che viene fatta tra alcuni candidati, che sono sacerdoti. Viene fatta prima una proposta da un gruppo di donne del Consiglio dell’Assessorato Centrale – e cioè il governo internazionale della Prelatura – che propongono alcuni nomi, che vengono poi – tra questi o anche altri – votati e viene quindi eletto un candidato, che poi viene presentato al Papa, che lo può nominare appunto Prelato dell’Opus Dei: perché viene nominato dal Papa il Prelato.

D. – Andiamo a capire un po’ cosa sia il Prelato nell’Opera e che ruolo svolge?

R. – E’ un ruolo di governo, ma soprattutto di paternità. Come sempre nella Chiesa: è come un vescovo in ogni chiesa locale. La paternità di Dio si manifesta nella Chiesa attraverso le persone. Il Prelato, prima ancora che capo del governo di questa parte della Chiesa, è una figura di pastore, di pastore che ascolta; di pastore che deve essere capace di ascoltare, di venire incontro e di parlare anche un poco le diverse lingue – al di là del discorso proprio linguistico – e le diverse sensibilità che ci sono nel mondo, perché poi la Chiesa si incarna in ogni cultura: quindi come pastore della Chiesa deve poter fare questo e, tra l’altro, rivolgendosi a persone e aiutando persone che sono i fedeli della Prelatura dell’Opus Dei, uomini e donne, molto radicati nel mondo - quindi sono genitori, professionisti, maestri di scuola, operai, contadini, professori universitari, solo per dire un elenco di possibili professioni – e che sono tutti molto radicati in ogni cultura. Ecco, il pastore della Prelatura dell’Opus Dei, il Prelato, che poi le persone chiamano “padre”, deve essere proprio questo: un padre, una guida, un sostegno, anzitutto con l’affetto e con la preghiera.

D. – Che rapporto esiste tra i fedeli dell’Opera e il Prelato?

R. – Un rapporto di affetto. Io credo che questa sia una realtà che, anche dopo il Concilio, è sempre più chiara nella Chiesa: un tecnico, un teologo la chiamerebbe “ecclesiologia di comunione” . La Chiesa è una famiglia, la Chiesa non è una istituzioni burocratica: è una famiglia e lo è a tutti i livelli, in tutte le realtà in cui si manifesta ed esiste la Chiesa. Il rapporto con il Prelato è un rapporto familiare, così come io credo che lo sia in ogni realtà ecclesiale: il vescovo nella sua diocesi, il parroco nella sua parrocchia… Ma a tutti i livelli è sempre così e deve essere così, credo. Lo stiamo vedendo con Papa Francesco: Papa Francesco sicuramente sta dando l’orientamento anche alla Chiesa, un orientamento totalmente lanciato verso l’evangelizzazione,; ma lo fa perché manifesta affetto, perché tutti vedono la sua paternità. Io credo che nella Prelatura dell’Opus Dei, come in ogni realtà della Chiesa, con la grazia di Dio, si deve verificare questo: una presenza cioè dell’affetto paterno di Dio, che si vede nei pastori.








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