2017-01-20 14:19:00

Siria: grande attesa per la conferenza di pace ad Astana


Conto alla rovescia per la conferenza di pace sulla Siria che si aprirà lunedì 23 gennaio ad Astana, capitale del Kazakhstan, alla quale dovrebbero partecipare rappresentanti anche della Russia e degli Stati Uniti. Confermata la presenza dell’inviato speciale dell’Onu, Staffan de Mistura. Intanto, a Palmira, proseguono le devastazioni da parte dei jihadisti dell’Is che hanno distrutto altri due importanti monumenti: “Un crimine di guerra”, lo ha definito l’Unesco. Su cosa è lecito aspettarsi esca dalla conferenza in Kazakhstan, Roberta Barbi ha sentito il prof. Alberto Ungari, docente di Storia e teoria dei Movimenti politici della Luiss di Roma:

R. – C’è sicuramente la volontà delle parti di arrivare a una soluzione perché l’emergenza siriana sta investendo non solamente l’Europa, ma tutta la zona; quindi è una situazione che sicuramente va risolta. Il mutamento della presidenza statunitense probabilmente potrebbe agevolare la risoluzione della questione.

D. – Secondo il presidente Assad, ci potrebbe essere la possibilità di negoziati diretti tra le parti e la priorità sarà l’osservanza del cessate il fuoco teoricamente in vigore dal 30 dicembre…

R. – Il cessate il fuoco, in realtà, non è che sia stato rispettato in tutte le parti del Paese: è stato proclamato, però non sempre rispettato. Questo cessate il fuoco era stato anche alla base di uno degli altri accordi che c’erano stati precedentemente, ancora sotto la presidenza Obama, e non ha tenuto nel lungo periodo. Per questo, noi dobbiamo assolutamente approcciarci a questa conferenza con le migliori intenzioni - anche da semplici spettatori - però con la consapevolezza che la situazione è molto complessa e richiede la buona volontà da parte di tutti gli attori del sistema politico presenti sullo scenario.

D. – Che significato ha la presenza dell’inviato speciale dell’Onu, de Mistura?

R. – De Mistura si è segnalato per aver cercato in tutte le maniere di rimediare alla situazione politica siriana. Quindi è sicuramente una presenza importante e che dà autorevolezza alle trattative di pace, una presenza che segnala anche un deciso orientamento delle Nazioni Unite di risolvere definitivamente questa situazione, che – ripeto – rischia di destabilizzare tutta un’area, soprattutto gli Stati che sono fortemente a rischio, come la Giordania e lo stesso Libano. Quindi non si tratta più solamente di Siria, ma si tratta di creare una situazione di stabilità enorme per tutto il Medio Oriente, con tutte le ricadute dal punto di vista migratorio che si scontano, poi, sul continente europeo.

D. – Il prossimo appuntamento, poi, sarà l’8 febbraio a Ginevra dove riprenderanno i negoziati inter-siriani coordinati dall’Onu…

R. – Io credo che dipenderanno senz’altro da quello che avverrà in Kazakhstan. Non c’è nessun dubbio sul fatto che sarà molto importante vedere i risultati e cosa decideranno di fare gli Stati interessati. La situazione deve vedere un ruolo importante non solo delle parti coinvolte – quindi governo della Siria, gli oppositori – ma anche la Russia e la Turchia, che stanno giocando nell’area un ruolo abbastanza importante e che li vede proprio particolarmente interessati?

D. – La Turchia sembra aprire alla possibilità di riconoscere Assad come parte in causa nel processo di soluzione del conflitto siriano. Questo può cambiare le cose?

R. – Senz’altro, anche perché questo era stato uno dei temi su cui si era un po’ incagliata la diplomazia: ossia il presupposto era che, anche sotto la presidenza americana, Assad si togliesse di scena. E invece, riconoscere la persistenza di questa figura alla guida della Siria agevolerà sicuramente le trattative agli accordi diplomatici, proprio perché questa era una delle questioni sulle quali aveva investito particolarmente la Russia che ha avuto un ruolo anche militare importante nei confronti delle formazioni di Daesh.

D. – Intanto, si ha notizia del danneggiamento di altri due importanti monumenti a Palmira da parte dei jihadisti dell’Is…

R. – Questa purtroppo è una situazione difficile da dirimere. Abbiamo visto negli ultimi tempi come vi sia stata una forte disinformazione da parte degli organi informativi che hanno presentato questi miliziani contro Assad come fossero la parte sana, democratica, e che in qualche modo voleva abbattere la dittatura. In realtà, queste vicende dimostrano ancora una volontà come le questioni mediorientali - soprattutto in questa fase - richiedano una certa prudenza, e vadano trattate con una maggiore complessità, non dimenticando la conflittualità interna tra l’elemento sciita e sunnita, che complica, ovviamente, la decriptabilità di tutto il quadro mediorientale.








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