2017-01-20 15:03:00

A Davos si chiude la 47.ma edizione del World Economic Forum


A Davos in Svizzera si conclude oggi il 47° Forum Economico Internazionale. 30 capi di Stato e di Governo e 3000 esperti da 70 Paesi si sono confrontati sulla vicenda Usa e Trump, i mercati finanziari e l’automazione. Per la prima volta a partecipare la Cina. Per un commento sull’incontro di quest'anno, Giulia Angelucci ha intervistato l’economista e docente universitario Francesco Carlà:

R. – La Cina è chiaro che tiene una posizione molto pro-globalizzazione; però lo scenario generale non è più così pro-globalizzazione, come era anche soltanto agli incontri di Davos di uno-due-tre anni fa. E credo che da questo punto di vista le cose continueranno a cambiare molto a partire dall’insediamento di Donald Trump.

D. – Proprio gli Stati Uniti hanno annunciato importanti provvedimenti proprio sul piano mondiale... 

R. – Io credo che cominceremo a vederla proprio dalle prime mosse di Donald Trump, anzi abbiamo addirittura cominciato a vederla prima ancora che si insediasse: pensiamo agli interventi nei confronti dell’industria automobilistica americana, che è una delle industrie a maggior volume di persone occupate. In generale Trump ha in mente un paio di mosse che sono veramente strutturali, anche dal punto di vista proprio della globalizzazione di cui parlavamo prima e del protezionismo. La prima è di abbassare la Corporate Tax americana dall’attuale 30-35 per cento – che sono già livelli molto, molto bassi rispetto allo scenario europeo – addirittura al 15 per cento. E questo vuol dire che le società americane avranno la possibilità di fare molti più profitti rispetto al passato e quindi anche molti più investimenti. Poi una Flat-Tax per il rimpatrio dei trilioni di dollari che le Corporation americane hanno off-shore. Anche solo il rimpatrio di una parte di questi soldi significa altri investimenti e ricadute sull’occupazione e sui cittadini. Io penso che questo modello finirà per non poter lasciare indifferente anche il nostro continente.

D. – Un commento sulla lettera di richiamo all’Italia da parte dell’Unione Europea e sulla partecipazione del ministro dell’economia Padoan?

R. – In Europa pare che parliamo sempre delle stesse cose: parliamo di 3 miliardi e 200 milioni di correzione e l’Italia è un Paese che negli ultimi 15 anni non è cresciuto affatto e che ha un sacco di problemi, come è noto… Io credo che anche Padoan tenga una posizione che è quella che si può permettere in questo momento con la debolezza politica dello scenario italiano.

D. – Nello scenario mondiale si oscilla un po’ tra la globalizzazione e una istanza protezionistica …

R. – Esattamente, gli scenari sono proprio questi. Io non so se i termini continueranno ad essere questi, se continueremo cioè a parlare di globalizzazione, protezionismo, populismo. Io credo che qui si tratti di riassetto rivoluzionario economico, in cui da parte dei Paesi che hanno subito fortemente la globalizzazione in questi anni, si cerca di cambiare, di salvare il salvabile e di cambiare gli attuali equilibri. Gli Stati Uniti, come al solito, stanno segnando la strada. La globalizzazione per una parte dell’Unione Europea va benissimo – per esempio per la Germania – mentre per altri Paesi è evidente che continua a creare problemi dopo problemi.

D. – E la questione dell’automazione, proposta durante il World Economic Forum…

R. – Questo è un altro tema epocale, strategico, sul quale in Europa – in particolare nella parte meridionale delle Ue - abbiamo fatto pochissimo. Non ci stiamo rendendo conto esattamente di che proporzioni avrà questa innovazione automatica. Non è solo l’automazione che abbiamo conosciuto nelle epoche recenti: si tratta di automazioni di sostituzione. Ed è molto probabile che renderà totalmente superflua tutta una generazione di essere umani e quindi è altrettanto evidente che qui la politica deve immaginare degli scenari per tempo per fronteggiare questo tipo di cambiamento. 








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