2017-01-11 14:35:00

Vescovi Costa d'Avorio: costruire la pace con la non-violenza


Costruire la pace attraverso la non-violenza “attiva e creativa”: è l’impegno preso dalla Chiesa cattolica della Costa d’Avorio all’inizio del 2017. In un lungo messaggio a firma del card. Jean Pierre Kutwa, arcivescovo metropolita di Abidjan, la Conferenza episcopale locale si sofferma sul tema della non-violenza, scelto da Papa Francesco come leit-motiv della Giornata mondiale della pace celebrata il 1.mo gennaio scorso, per analizzare la realtà del Paese.

Migrazioni forzate, violenza senza nome
La Costa d’Avorio, infatti, non sta attraversando un periodo facile, sottoposta a continue sfide: la prima, scrive il card. Kutwa, è quella delle “migrazioni forzate” che spingono tante persone a rischiare la vita in cerca di un futuro migliore. Ma questa “è una forma di violenza senza nome che richiede una soluzione in tempi rapidi”, sottolinea il porporato. La domanda fondamentale, però, è un’altra: cosa offre la Costa d’Avorio alla sua popolazione per “porre fine a questo esodo contemporaneo?”. Cosa offre ai giovani che “vogliono guadagnare soldi il più rapidamente possibile e senza alcuno sforzo?”. Cosa offre “ai bambini che sono assuefatti alla violenza, vissuta continuamente a scuola, in famiglia, in televisione?”. Cosa offre un Paese in cui si contano “omicidi, distruzione dei beni, attacchi terroristici e vendette?”.

Spezzare le catene dell’ingiustizia con un supplemento di bontà
Di qui, l’esortazione della Chiesa ivoriana a vivere guardando all’esempio di Gesù, il quale ha fatto della non-violenza il suo insegnamento primario: “Oggi, essere veri discepoli di Gesù – afferma l’arcivescovo di Abidjan – significa opporre alla violenza ed all’ingiustizia del mondo un supplemento di bontà che ci viene da Dio, così da essere tutti attori della non-violenza”. In quest’ottica, il card. Kutwa rivolge un sentito appello a tutti i membri della società: ai cristiani, chiede di “spezzare le catena dell’ingiustizia” e di “riconciliarsi con gli uni con gli altri”; agli uomini, si richiede di “percorrere sentieri di pace”, attraverso “il dialogo ed il rispetto degli impegni presi”, “senza ricorrere ad alcuna forma di violenza fisica, verbale o morale”.

Appello alle donne: siate leader della non-violenza!
Anche le donne vengono chiamate in causa: a loro, il porporato ricorda di essere “leader della non-violenza” perché, “come recita un proverbio ivoriano, ‘Ciò che la donna vuole, Dio vuole’ ”. “Donne ivoriane – è quindi la domanda del card. Kutwa – cosa volete per il Paese? E cosa fate, a tutti i livelli della scala sociale, perché i vostri figli, mariti, fratelli e sorelle intraprendano il cammino della non-violenza?”. “Il vostro compito – aggiunge il porporato – è dimostrare che, nonostante i problemi, Gesù è sempre presente e ci indica il cammino da seguire”. Un’ulteriore esortazione viene poi lanciata alle vittime di violenza, affinché “chiedano aiuto a Dio per voltare pagina”, il che “non significa concedere l’impunità ai colpevoli, che vanno perseguiti secondo la legge”, ma implica il saper accantonare “il desiderio di vendetta”.

Tutte le religioni siano “artigiane della pace”
Centrale, poi, il richiamo alle religioni perché – sottolinea la Chiesa ivoriana, citando Papa Francesco – l’impegno in favore delle vittime di ingiustizia e violenza non è patrimonio esclusivo della Chiesa cattolica, ma è proprio di numerose tradizioni religiose per le quali la compassione e la non violenza sono essenziali”. Di qui, il richiamo a “tutti i credenti” ad essere “artigiani della pace”.

La famiglia, culla della non-violenza
E ancora: i vescovi ivoriani lanciano un appello alle famiglie, che hanno “un ruolo fondamentale” nello sviluppo di una cultura della non-violenza. È in esse, infatti, che si impara a superare i conflitti “non con la forza, ma con il dialogo, il rispetto, la ricerca del bene dell’altro, la misericordia ed il perdono”. Ed è dalla famiglia che “la gioia dell’amore si propaga nel mondo e raggiunge l’intera società”. Da qui, dunque, bisogna partire – scrive il card. Kutwa – per arrivare ad “un’etica della fraternità, della coesistenza pacifica che non si fondi sulla paura e la violenza, ma sulla responsabilità, il rispetto ed il dialogo sincero”.

I politici si impegnino per la pace
Infine, un’ultima esortazione viene rivolta ai leader politici, affinché facciano davvero della non-violenza “lo stile di una politica per la pace”, guardando “agli avversari” come “a fratelli con cui camminare nella stessa direzione”, per “aiutare la popolazione”. In quest’ottica, scrivono i presuli della Costa d’Avorio, diventa essenziale “inculcare nel Paese una cultura della sconfitta” che aiuti a vivere le elezioni come “veri momenti di festa per tutti, perché tutti guardano allo sviluppo del Paese”. Il messaggio della Chiesa ivoriana si conclude con l’appello di Papa Francesco al disarmo ed alla proibizione e abolizione delle armi nucleari, mentre l’intero Paese africano viene affidato alla Vergine Maria, Regina della pace. (A cura di Isabella Piro)








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