2017-01-07 13:08:00

Emergenza freddo, morti 6 clochard. S. Egidio: bisogna fare di più


In Polonia l'ondata di freddo polare sta mietendo decine di vittime: fino ad oggi sono oltre 50 i morti assiderati. Situazione grave anche in Italia: un senzatetto a Firenze e un altro a Milano sono le ultime vittime dell’emergenza gelo. A perdere la vita, in queste ultime ore, sei clochard a causa dell’ondata di freddo che ha colpito l’Italia. Tra le organizzazioni maggiormente impegnate a far fronte a questa emergenza, la Caritas e la Comunità di Sant’Egidio. Alessandro Gisotti ha intervistato Carlo Santoro, che proprio con Sant’Egidio è impegnato da anni al fianco dei senzatetto:

R. – Il primo appello è rivolto alle istituzioni affinché venga fatto tutto il possibile per avere più posti nelle città. L’ultimo morto di stamattina purtroppo è a Firenze, sotto il Lungarno. Le nostre città hanno dei posti che sono disponibili, il problema vero è spesso che non possiamo aspettare che la burocrazia decida. Purtroppo non è una sorpresa il freddo, però, voglio dire, così va trattata. Questo è il primo appello che noi rivolgiamo. Il secondo è che - se tra i frutti buoni del Giubileo della Misericordia c’è stato anzitutto questo grande avvicinarsi, accostarsi della gente ai poveri, grazie alle parole del Papa - il problema per noi è un po’ continuare: cioè, a livello personale, ognuno di noi può avvicinarsi ai più povero, alla persona più isolata, più a rischio. Anche perché gli ultimi due morti a Roma per la strada erano in zone molto periferiche ed erano isolati. Quindi io vedo con un certo favore il fatto che da qualche giorno vediamo molte persone che si danno da fare: chi fa raccolte di coperte in ufficio; diversi liceali stanno iniziando a raccogliere coperte dai loro compagni, anche senza attendere la riapertura delle scuole… Questo grazie ai social: oggi siamo tutti in rete e questo va sfruttato anche in questa occasione.

D. – In un qualche modo si è smosso qualcosa dopo che Francesco aveva detto: “Muore un senzatetto  per strada e non è notizia mentre se la borsa fa registrare un calo di qualche punto è una notizia drammatica”. Dunque una presa di coscienza nuova c’è, si vede…

R. – Si vede perché la gente comincia ad avere questo entusiasmo, questa passione di incontrare le persone più povere. Il Papa diceva che bisogna provare a toccare, a prendere la mano di un povero, guardarlo negli occhi, questo rende tutto più umano, nel senso che spesso la nostra indifferenza è una cosa disumana… Bisogna ritornare un po’ a questa essenzialità evangelica a cui ci invita il Papa, che è esattamente questo: non dobbiamo mai dimenticare l’umanità e soprattutto il fatto che i poveri aspettano e meritano di essere accolti da noi, ciascuno di noi può fare qualcosa, anche di piccolo.

D. – Il freddo è un’emergenza nell’emergenza della condizione di vita di queste persone: c’è bisogno di una vicinanza, di un’accoglienza che continua anche quando finisce un’emergenza come questa…

R. – Certo, anche perché spesso si tratta di persone che hanno una salute molto precaria. Chiaramente quando fa freddo sono ancora più a rischio. Però devo dire che molte di queste persone meritano una cura particolare e spesso la prima cura è quella dell’amicizia: avvicinarsi, non fare finta che non esistono, non voltarsi dall’altra parte. Penso che questo sia un frutto bello della misericordia anche perché in fondo è pensare che ciascun essere umano va visto senza pregiudizi. La gente comune pensa che magari qualcuno ha cercato di vivere per strada, pensa che sia una scelta e spesso questo non è così, oppure si pensa che i poveri siano tutte persone che bevono o che non meritano in qualche maniera la nostra attenzione. Probabilmente da parte nostra c’è l’esigenza di un provare ad immedesimarsi: come starei io stasera se con questo freddo non avessi un letto o se non avessi una famiglia, una casa? Questo mi sembra un fatto sostanziale. E’ un po’ quello a cui ci chiama sicuramente il Vangelo ma io penso anche a livello civile: ciascuno di noi è chiamato ad operare, ad aprire gli occhi anche come cittadini, perché una città come Roma, ma anche le altre città non possono tollerare che una fetta della popolazione resti così ai margini e sia sempre così a rischio. Stare per la strada vuol dire vivere senza difese, provare a nascondersi ogni giorno negli anfratti di questa città, vivere un’esperienza assolutamente difficile... Spesso purtroppo vediamo molte persone che muoiono per la strada proprio perché stare per la strada vivere da poveri non è uno scherzo.








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