2017-01-06 08:00:00

Su Raiuno docufilm "Paradiso": storie di gente a San Pietro


Va in onda questa sera alle 23.50 su Raiuno “Paradiso”, un documentario di Stefano Consiglio prodotto da BiBi film in collaborazione con il Centro Televisivo Vaticano ed interamente girato in Piazza San Pietro: il luogo della fede nel quale arrivano persone da ogni parte del mondo. Il regista ne ha incontrate alcune, scoprendo, raccontate da loro, storie bellissime, emozionanti, inaspettate. Il servizio di Luca Pellegrini:

Piazza San Pietro, di giorno e all’imbrunire, col sole e la pioggia, il buio e i lampioni che la illuminano: non vince la paura, quella che attanaglia il mondo, ma la fede, l’appartenenza a una comunità credente, oppure la curiosità per un luogo simbolico e denso di storia. Stefano Consiglio, il cui documentario viene trasmesso questa sera su Raiuno, ha frequentato Piazza San Pietro per alcune settimane, seguito dalla sua troupe discreta, attento alle sensibilità di coloro che incontrava, ai quali chiedere una storia, un ricordo, un commento: il perché erano lì, che cosa cercavano, che cosa speravano. “Paradiso” è un film che racconta persone d’ogni angolo del pianeta che arrivano a San Pietro per le più diverse motivazioni, che di loro svela un volto profondo, inaspettato. Un film – chiediamo al regista – che nasce da quale personale esigenza artistica, spirituale e civile?

R. - C’è il titolo di un racconto di Grace Paley che si chiama “Enormi cambiamenti all’ultimo momento”: è diventato una specie di stella polare del lavoro che faccio in qualunque dominio. E con l’irrompere sulla scena di Papa Francesco, ho pensato che sarebbe stato molto interessante tentare di capire quale era l’idea della fede e la vita interiore delle persone oggi. Poi c’è stata, come dire, la coincidenza fortuita del Giubileo e da qui nasce l’idea di realizzare questo film.

D. - È un titolo impegnativo e particolare, “Paradiso”, per raccontare l’umanità di oggi che arriva nella piazza più famosa del mondo. Perché questo titolo?

R. - Perché è un po’ il contrario di quella cosa di Calvino a cui mi sono in un certo modo ispirato, una frase che dice nelle “Città invisibili” e che recita: “Cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, è farlo durare, e dargli spazio”. Ecco, questa cosa che non è inferno, che dura, alla quale bisogna cercare di dare spazio, mi è sembrato, come dire, che la cosa migliore fosse chiamarla “Paradiso”.

D. - Nel contattare e conoscere decine e decine di uomini e di donne di diversa nazionalità e religione, che arrivano nella piazza o per fede o per semplice curiosità, qual è stata la scoperta maggiore nel contattare questa porzione di umanità?

R. - La scoperta maggiore non è mai scoprire delle porzioni di umanità, ma dei singoli esseri umani. Allora, trovarsi di fronte a due ragazze arabe, musulmane, per quanto viventi e residenti in Francia, che parlano dell’unicità di Dio per tutte le religioni – cattolica, cristiana, ebraica - stagliate sullo sfondo della cupola di San Pietro, mi è sembrata un’emozione fortissima; come fortissima è stata l’emozione di incontrare un militare degli Stati Uniti d’America, un Presidente di una corte marziale, che diceva che non riusciva a mettere misericordia nel momento in cui doveva giudicare una persona che aveva commesso dei reati, che era davanti a lui, ma che la misericordia era assolutamente essenziale per fare il suo lavoro.

D. - Ha anche incontrato delle persone religiose?

R. - Diverse persone religiose. Una in particolare, indimenticabile: una suora nera, che se non ricordo male veniva dalla Costa d’Avorio, veramente una persona dedita all’umanità e veramente una sposa di Gesù, che però meravigliosamente da ragazza pensava di fare l’artista e la modella - come dice lei - e che si ispirava a Naomi Campbell. Mi sembra un segno di un’enorme, enorme umanità.

D. - Dopo tante testimonianze, il film si chiude con l’immagine di San Francesco tratta del famoso film di Rosellini. Perché questa scelta?

R. – Uno, perché “non si può vivere senza Rossellini”, come diceva Gianni Amico riportato in un film di Bernardo Bertolucci, che era “Prima della rivoluzione”; poi perché sono immagini sublimi che riportano tra l’altro il nome del santo a cui il Papa attuale fa riferimento. Quindi mi sembrava assolutamente essenziale e anche obbligatorio.

D. - Dopo questa esperienza di Piazza San Pietro che cosa rimane nel cuore, nella memoria, nell’anima?

R. - Mi rimane che la potenzialità e la forza d’amore, proprio in senso lato, non necessariamente legata alla fede - anche alla fede per chi crede -, è veramente qualcosa su cui bisogna fare affidamento ed è qualche cosa che dà speranza nel futuro del mondo.








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