2017-01-01 10:30:00

Siberia: dopo la fine dell'Urss 25 anni di Caritas tra i ghiacciai


Anche nel freddo della Siberia, a 3mila chilometri a est da Mosca, si è festeggiato il Natale, e proprio in questa regione la Caritas questo mese ha compiuto 25 anni. Al microfono di Francesco Gnagni, il francescano polacco padre Gracjan Piotrowski, direttore della Caritas Siberiana, parla dell'operato e della storia dell'istituzione, e del cammino che si è fatto dalla sua nascita sino ad oggi:

R. – 25 anni fa, quando è caduta l’Unione Sovietica, il Vaticano ha fatto le strutture ecclesiastiche in Russia, due amministrazioni apostoliche, una in parte europea e l’altra in parte asiatica con la sede vescovile a Novosibirsk. Così, subito, il vescovo ha anche aperto la Caritas, nel 1991. E’ chiaro che in questo periodo difficile ci voleva un sostegno per la gente che si trovava in una situazione abbastanza precaria. E con l’aiuto della Caritas tedesca è stata costruita la Casa per l’orfanotrofio dei bambini, poi il lavoro con i senzatetto, la Casa famiglia per le ragazze in una situazione difficile, i bambini con una situazione familiare difficile, il lavoro con i malati… Così, passo dopo passo, sono passati 25 anni.

D. – I cattolici in Russia sono una piccola minoranza però la sua diocesi è la seconda diocesi per estensione al mondo, con distanze tra le parrocchie anche molto grandi...

R. – Sì, la diocesi è così grande perché ci sono pochi parrocchiani. La media della gente che viene in parrocchia in Siberia è di 100, 150 persone, anche nelle grandi città. Ufficialmente si dice infatti che i cattolici in Russia sono l’1%. Certamente in città come Mosca e Pietroburgo ce ne sono di più ma noi col nostro lavoro dobbiamo prima di tutto dare testimonianza della nostra fede, mostrare la carità di Dio verso ogni persona.

D. – Come avete passato il Natale, come vi accingete a passare queste feste? Specialmente attraverso l’operato della Caritas che prova a scaldare i cuori anche in una terra nota per le temperature non proprio tropicali…

R. – Infatti, qualche giorno prima di Natale c’era il freddo, 36 gradi sotto lo zero, e avevamo un po’ paura che la gente non uscisse dalle case… Meno male che il Natale quest’anno era di domenica perché in Russia il giorno libero di Natale è quello ortodosso, cioè il 7 di gennaio. Invece, il Natale cattolico è un giorno di lavoro. Perciò è anche difficile sentire l’atmosfera del Natale quando tutti corrono a lavorare e si preparano per il Capodanno… La società non ci pensa neanche al Natale. Noi, nel nostro piccolo dobbiamo fare in modo che la gente abbia possibilità di venire in Chiesa, di incontrarsi, di fare festa.

D. – Come avete vissuto l’incontro e l’abbraccio di Cuba tra Papa Francesco e il patriarca di Mosca Kirill?

R. – Con grande gioia e speranza perché per noi che siamo una minoranza, qui, è molto importante lo stato delle relazioni fra la Chiesa cattolica e quella ortodossa. Grazie a questo incontro la gente ha sentito che la Chiesa cattolica non è così lontana dalla Chiesa ortodossa. Spero che questo incontro porterà ancora frutti in futuro perché non può cambiare tutto così in fretta, ci vuole tempo. Sicuramente ha portato una certa apertura da parte dei vescovi ortodossi, se non da tutti i parrocchiani o preti… Ma non ho dubbi che passo dopo passo, sarà ancora meglio.








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