2016-12-31 13:35:00

Stretta sui migranti irregolari. Caritas: rimpatrio non è soluzione


“Basta con gli ordini di espulsione che restano sulla carta”, è la linea del Viminale, secondo cui nel 2016 i migranti arrivati in Italia sono stati oltre 180 mila, il 17,8% in più rispetto al 2015. Il Ministro Marco Minniti pensa a un potenziamento dei Cie, Centri di Identificazione ed Espulsione. E si prevede un aumento dei controlli delle forze dell’ordine sul territorio. Eugenio Murrali ha chiesto a Oliviero Forti, responsabile dell’ufficio immigrazioni Caritas, un commento alla politica annunciata dal Ministero dell'interno:

R. – Credo che rassicuri molto l’opinione pubblica, però i tecnici sanno bene che il problema del meccanismo delle espulsioni non è tanto nella cattiva volontà di rimandare nel Paese di origine le persone che non hanno diritto a rimanere in Italia, ma quanto l’assenza di accordi bilaterali o, quando questi accordi esistono,  l’incapacità o l’impossibilità di rinviare i numeri importanti di persone nei propri Paesi di origine. Al di là delle dichiarazioni del ministro,il meccanismo è così complesso, articolato, e non solo per l’Italia ma per il resto dell’Europa, che nei fatti non vedo come questo potrà essere incrementato. Tra l’altro veniamo da una stagione – quella dei Cie – che avevano visto recentemente una diminuzione nel numero in Italia, cosa che aveva dimostrato l’impossibilità, attraverso questi centri, di procedere a un reale controllo, soprattutto perché le persone rimanevano per periodi troppo lunghi in una condizione di sostanziale detenzione amministrativa e spesso uscivano dopo lunghi periodi proprio perché non si riusciva a procedere con le espulsioni, i rimpatri nei Paesi di origine. Se il governo ha delle soluzioni che noi non conosciamo lo vedremo a breve, però se le cose – come immagino – rimarranno come sono state fino all’altro ieri, non vedo come l’aumento dei Cie possa determinare una maggiore efficacia nel controllo della gestione delle irregolarità. Il Cie serve per trattenere temporaneamente queste persone prima dell’espulsione, ma se non si riesce a fare le espulsioni, i Cie servono a poco.

D. – I minori stranieri non accompagnati: nel 2016 siamo passati dai 12mila agli oltre 24mila…

R. – È un dato che desta profonda preoccupazione. Da un lato perché non abbiamo un sistema in Italia in grado di dare accoglienza a tanti minori non accompagnati, perché il rischio è che tanti minori rimangano senza le tutele previste per legge;  qui stiamo parlando di legge, quindi come il governo italiano disciplina la tutela dei minori stranieri non accompagnati. Dall’altro lato, in più occasioni abbiamo sottolineato come sia necessario andare a capire quali sono le cause che spesso spingono tante famiglie a mandare i propri figli in Europa da soli. Si tratta spesso di minori che hanno 12, 13 anni. In questo caso, chiaramente, verificare i villaggi di provenienza per capire come arginare questo flusso è quanto meno necessario.

D. – Il 2016 è stato l’anno di costruzione di muri, di fili spinati, di accordi di rimpatrio, ma soprattutto di morti nel Mediterraneo: oltre cinquemila. Che eredità lascia?

R. – Credo che questo sia stato uno degli anni più bui per l’immigrazione a livello internazionale e europeo in modo particolare. Se c’è un aspetto che più di altri ci consola, è quello di un Paese, come l’Italia, che ha comunque garantito a tutte queste persone un’accoglienza. I problemi sono molti, come l’elevato numero di persone che richiedono asilo e che poi vengono denegate: sono i futuri irregolari, che poi dovrebbero finire in qualche modo all’interno del circuito dei Cie. Oggi dobbiamo più che nel passato collaborare noi del terzo settore e le istituzioni, per tentare di trovare soluzioni che siano sostenibili per tutti, evitando processi di criminalizzazione, perché è vero che c’è un allarme di terrorismo a livello internazionale, ma non possiamo immaginare di gestirlo attraverso i Cie.

D. – Il 2017 come si annuncia? L’Italia stringe – appunto – sui controlli, la Germania sui rimpatri, l’Austria propone di ricontrattare gli aiuti ai Paesi che non accettano rimpatri …

R. – È il frutto di due anni in cui l’Europa si è sentita fortemente sotto pressione, non dimostrando però una capacità di risposta unitaria. Qui si continua a operare in ordine sparso e questo non fa bene a nessuno. Per cui assisteremo ancora a situazioni difficili che vedranno intrecciarsi vicende personali, storie di vita, diritti umani e politica, senza però trovare una reale soluzione.

D. – C’è stata una narrazione populista anche rispetto alle persone migranti nel 2016?

R. – Sì, la narrazione da parte di alcuni è chiaramente demagogica, populista. Si cerca evidentemente, attraverso l’immigrazione, di superare o quanto meno di affrontare problemi di altra natura. Chiaramente, come si dice in questi casi, ragionare sui migranti è più semplice, è più efficace nell’immediato, però non porta molto lontano. Ormai è oltre un decennio che assistiamo a politiche che fanno del migrante il capro espiatorio dei problemi di un’Europa che fa fatica su molti fronti.

D. – I corridoi umanitari sono stati un passo avanti, forse, nel 2016?

R. – Assolutamente sì. Sono stati un messaggio politico importantissimo. Ricordiamo che oltre 300 mila persone sono arrivate in Europa lo scorso anno. I corridoi umanitari hanno permesso a poco meno di mille persone di raggiungere l’Italia. Quindi sono numeri che hanno un impatto numericamente relativo, però portano uno straordinario messaggio, soprattutto all’opinione pubblica, per dire che si possono, e anzi si devono, gestire le immigrazioni attraverso canali sicuri e legali.








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