2016-12-30 14:24:00

Siria: regge le tregua mediata da Russia e Turchia, Colloqui di pace a gennaio ad Astana


In Siria è in vigore dalla mezzanotte locale il cessate il fuoco, mediato dalla Russia e dalla Turchia. Violazioni della tregua, tuttavia, sono state segnalate in diverse zone del Paese. Restano infatti esclusi dall’accordo lo Stato Islamico, gli altri gruppi radicali islamisti e i curdi. Intanto Assad chiede all’Europa di togliere l’embargo e assicura un ruolo per le minoranze e la comunità cristiana nella ricostruzione. Il servizio di Marco Guerra:

Scontri tra le forze governative e gruppi di ribelli sono scoppiati nei dintorni di Damasco. Altri combattimenti sono stati registrati nelle provincie di Hama ed Idlib, mentre raid russi hanno ucciso almeno 12 jihadisti dell’Is. Non è chiaro quali fazioni siano coinvolte nelle violenze. Fatto sta che le Forze Armate siriane hanno chiarito che dal cessate il fuoco sono esclusi "lo Stato Islamico, al-Nusra e i gruppi ad essi legati". Poi ci sono anche le milizie curde che, secondo media arabi, lamentano di essere state tagliate fuori dall’intesa. Tuttavia questa volta il cessate il fuoco sembra reggere su basi più solide di quelli precedenti. Il ministro della Difesa russo Serghei Shoigu ha sottolineato che l’accordo è stato sottoscritto da  unità che contano 60mila effettivi. Il Presidente Assad ha detto di “essere pronto a rispettare” questo negoziato da Mosca e Ankara. Anche gli Stati Uniti, i grandi esclusi, parlano di “sviluppo positivo”. D’altra parte i fautori dell’intesa - Russia, Turchia e Iran - sono quelli che hanno offerto il maggiore sostegno militare alle parti in conflitto. Ma la vera svolta potrebbe essere l’impegno preso dal governo di Damasco e dai ribelli a partecipare a negoziati su una soluzione politica del conflitto, che dovrebbero tenersi ad Astana, in Kazakistan, entro un mese. In vista dell’appuntamento il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov allarga l’invito anche agli altri attori regionali: Egitto, Arabia Saudita, Qatar, Iraq, Giordania e "un rappresentante dell'Onu". Il vertice – fa sapere il Presidente turco Erdogan – non sostituisce i colloqui di pace di Ginevra. Per un’analisi sentiamo Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle relazioni internazionali all'Università di Firenze: 

R. – Per Putin è sicuramente un punto di svolta, perché lui si è preparato per l’interregno tra le due presidenze americane da molto tempo e quindi alcune cose vanno chiuse con il vecchio Presidente, prima del nuovo. Tutto è stato sagomato su questo, compreso l’avvio di una terza tregua che dovrebbe essere migliore delle due fallite già quest’anno. Putin gioca a rilanciare alla grande la Russia a livello globale, ma soprattutto in Medio Oriente, e nulla in questo senso è più importante della Siria, anche perché sta cercando di allineare non solo le varie fazioni siriane, ma anche i suoi principali amici nell’area.

D. – Importante, poi, sarà il passo dei negoziati che dovrebbero tenersi ad Astana entro un mese. Ma a questo punto ci si chiede chi deve parlare?

R. – Pare che, appunto, nel primo gruppo siano inclusi i siriani, forse l’Egitto e in ogni caso le due principali potenze del Medio Oriente secondo la Russia e cioè l’Iran e la Turchia. Solo in un secondo tempo sarebbero inseriti Paesi arabi come l’Arabia Saudita e la Giordania. E questo perché nella prima fase la Russia ha assoluta necessità di comporre i dissidi – assai forti! – tra turchi e iraniani: solo se questo primo passo riesce può coinvolgere altri. Ma questo naturalmente è un passo molto lungo, anche perché il disordine siriano è tale da non poter essere composto neanche su pressioni esterne.

D. – Tutto questo sembra escludere le potenze occidentali e gli Stati Uniti. Si può arrivare ad una pace senza considerare anche l’Europa e l’America?

R. – Questa non è una pace: questo è un tentativo russo di avviare un negoziato funzionale ai propri interessi! Se si arriverà a discutere di una pace vera, probabilmente tutti gli altri soggetti rientreranno in gioco, anche perché nessuna pace degna di questo nome può esistere senza misure di sostegno per tutte le componenti di una Siria che sarà inevitabilmente fratturata.

D. – Quindi finché rimane solo il pallino in mano russa questo negoziato potrebbe essere un fallimento…

R. – Questo negoziato è un modo di rendersi visibile e di prendere tempo. E’ anche molto interessante la sede scelta e cioè la capitale del Kazakistan, che è un enorme Stato ex-sovietico, guidato da un leader che sta lì dal 1991 e con cui Mosca cerca sempre di intrattenere amichevoli rapporti. Questo è anche un modo per blandire gli ex Stati di una volta…

D. – Volendo immaginare il prossimo futuro: che Siria sarà? Assad ha detto che vuole includere tutte le minoranze nella ricostruzione, anche quella cristiana…

R. – Assad fa bene a parlare di includere le minoranze, perché la sua è la minoranza alauita del 10%, almeno secondo i vecchi numeri… E’ inevitabile che ci sia una ricomposizione, ma questa ricomposizione non può che essere nella frattura non solo originale di un Paese che era un mosaico assai diversificato, ma anche dai grandi esodi – sia all’interno della Siria, sia nei Paesi vicini – di profughi che raramente potranno davvero tornare alle loro case: dovranno cercare un’altra sede… La Siria che nascerà sarà divisa almeno in due parti e non dimentichiamo che anche in Siria ci sono i curdi.








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