2016-12-27 17:19:00

L'addio a George Michael, il tramonto delle pop star


“Era un artista che, in un certo senso, purtroppo, ci aveva già lasciato da un po’ di tempo. Il suo ultimo disco di inediti, infatti, è di dodici anni fa, quasi tredici ormai. Un lasso di tempo troppo ampio per un cantante di soli cinquantatre anni”. Andrea Pedrinelli, giornalista e storico della canzone, riflette sulla morte di George Michael, il cantante britannico, stella della pop music internazionale,  scomparso improvvisamente il giorno di Natale.

Vittima degli anni Ottanta

“George Michael è stato un po’ una vittima di se stesso e un po’ del tempo in cui si è ritrovato a vivere”, commenta Pedrinelli. “Nato nel carrozzone della musica degli anni ottanta, che si dirigeva in maniera fin troppo esplicita ai teen-agers, ha sfruttato molto la sua immagine di bel ragazzo, la sua bella voce e le sue canzoncine con gli Wham!, ma poi, quando ha cercato di liberarsi da quel personaggio, non è stato capace di portare avanti fino in fondo la battaglia contro la discografia. Una battaglia che l’ha bloccato per ben sei anni e quando l’ha restituito al mercato l’aveva trasformato in un artista troppo fragile per riuscire ad approfondire le intuizioni che nel frattempo aveva maturato”.

Morte di una pop star

“Con George Michael, certamente, se ne va una delle ultime pop star, nate fra i Sessanta e la metà degli anni Ottanta”, continua lo storico. “Oggi, la musica non è finita, ma è forse finita l’evoluzione della forma canzone. Mi sembra che stiamo vivendo un periodo di transizione simile a quello tra Ottocento e Novecento, quando l’opera lirica lasciò spazio alle cosiddette canzonette. Alla fine del XIX secolo la gente per strada fischiettava Verdi o Puccini, era la musica popolare dell’epoca. Poi, arrivarono il fonografo e la radio e piano, piano si passò da quella forma d’arte, che oggi consideriamo storia, magari un po’ polverosa, a una nuova forma che inizialmente ha ripreso il suo linguaggio dal melodramma e poi ha trovato la sua strada nuova. Con Modugno qui in Italia, ma altrove con i Beatles o con Jacques Brel, Johnny Cash”. “Oggi, la scomparsa delle ultime icone del pop, come Bowie, Prince o lo stesso George Michael, ci segnala che siamo arrivati a un altro punto storico di svolta. Io vado spesso nelle scuole, i ragazzi sono ricettivi, apprezzano la grande canzone, sanno riconoscere il bello. Ma, paradossalmente, non sanno chi è Bruno Lauzi, né Baglioni, ma neanche chi è Niccolò Fabi, o tantomeno George Michael. Per loro è un mondo lontano e spesso già chiuso e credo che siamo all’inizio di una nuova era che non ha ancora trovato i suoi nuovi rappresentanti”.

Fu vera arte?

“Solo il tempo – conclude Pedrinelli - ci potrà dire se queste popstar erano veri artisti. Un ragionamento serio sulla musica leggera del Novecento però va fatto, perché è un fenomeno che ha attraversato le vite di tutti. Faccio un esempio restando all’Italia: un brano come ‘Sarà perché ti amo’, la conosciamo tutti, dai quaranta in su, anche se non abbiamo comprato il disco, non abbiamo mai seguito i ‘Ricchi&Poveri’ o è un genere che non ci interessa”. “La musica pop è stato uno dei linguaggi fondamentali del secolo scorso e quindi va storicizzata. George Michael è sicuramente fra gli artisti più rappresentativi di una tendenza musicale che ha segnato un periodo della nostra storia. Ha attraversato la vita di milioni di persone, ha avuto tutti gli album al primo posto nelle classifiche inglesi: un risultato non da poco per un personaggio che veniva dalla musica adolescenziale e ha avuto vari momenti di pausa”. 








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