2016-12-22 12:43:00

Libia. Denuncia Msf: Centri per migranti ledono la dignità umana


Drammatica è la situazione in Libia per le persone trattenute nelle strutture di detenzione di migranti, rifugiati e richiedenti asilo. Lo denuncia Medici senza Frontiere, che fornisce assistenza a Tripoli e dintorni, sostenendo che queste persone sono tenute in condizioni che ledono la dignità umana. Francesco Gnagni ha sentito il presidente di Medici Senza Frontiere, Loris De Filippi:

R. – Siamo particolarmente allarmati dalle condizioni di vita di queste persone. Molte di queste strutture hanno uno spazio estremamente limitato, meno di mezzo metro quadrato per persona. Manca il cibo, in alcune aree manca l’acqua e servizi igienici dignitosi, adeguati. Siamo preoccupatissimi per le condizioni delle persone più vulnerabili, donne in stato di gravidanza, donne con neonati, bambini e minori al di sotto dei 18  anni. Tra di loro ci sono bambini nati all’interno delle strutture. Il bambino più piccolo visitato aveva due ore di vita, giusto per dare un’idea. Ci sono anche persone disabili, quindi è una situazione particolarmente difficile per loro. E oltretutto, come ha ricordato anche l’Alto commissariato per i rifugiati, i migranti sono esposti a livelli particolarmente alti di violenza e di sfruttamento per mano sia di forze militari che di milizie e soprattutto delle reti di contrabbando, di gang criminali che si occupano di traffico di esseri umani.

D. – Molti dei malesseri di queste persone sono causate dalle condizioni legate proprio agli stessi Centri detentivi…

R. – Esattamente. Bisogna ricordare che molte di queste persone hanno già intrapreso viaggi particolarmente lunghi per arrivare in Libia e successivamente la loro permanenza all’interno di queste strutture provoca una serie di problemi particolarmente grossi soprattutto dal punto di vista psicologico e psichiatrico, ma anche la possibilità di ammalarsi all’interno delle strutture è assolutamente legata alle condizioni detentive.

D. – La Libia oltretutto è anche un Paese di transito: una volta arrivate in Libia queste persone che emigrano cosa trovano? A cosa sono esposte? Le chiedo anche: qual è la situazione generale in Libia, che notizie avete?

R. – Al dramma che hanno già vissuto precedentemente di fuga dal loro Paese spesso in guerra o in condizioni di crisi, arrivando in Libia, invece di trovare un Paese che li può accogliere - ricordiamo che la Libia non è firmataria della Convenzione sullo stato dei rifugiati - i migranti sono esposti a questi livelli sia di violenza che di sfruttamento che di condizioni privative della loro libertà particolarmente gravi. Questa è la vita un po’ delle persone ed è quello che ci raccontano anche quando facciamo ricerche e soccorso nel Mediterraneo centrale e vengono accolte sulle nostre imbarcazioni: uno tra i racconti più tragici che fanno del loro viaggio, di tutta questa avventura tragica dal loro Paese di origine all’Italia, è appunto la loro permanenza, in alcuni casi di sei mesi o più, anche di anni, all’interno di quel Paese.

D. - Qual è il vostro auspicio o meglio quali sono le richieste che fate alle autorità?

R.  – Che ci sia una presenza definita, chiara, con la possibilità che le organizzazioni internazionali possano visitare queste persone e soprattutto chiediamo che la popolazione più vulnerabile, donne e bambini, non vivano queste situazioni di detenzione, che almeno queste persone vengano fatte uscire da questi servizi. Quindi chiediamo chiaramente alle autorità che rilascino donne in stato di gravidanza, donne con neonati, bambini e ragazzi al di sotto dei 18 anni di età, persone disabili e persone di qualsiasi sesso e età che siano in gravi condizioni di salute.








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