2016-12-20 15:22:00

Terrore a Natale, rifiutiamo la logica di Caino


“Rivolgendosi ai giovani dell’Azione Cattolica, il Papa ha detto che dobbiamo contagiare il mondo con la gioia dell’amore. Oggi, alla vigilia di Natale, dalle notizie di cronaca ci arriva l’immagine di un’umanità che si lascia contagiare dal male, dall’odio. Anche un momento felice come il mercatino natalizio di Berlino diviene un luogo di paura, terrore. Ed è proprio a questo mondo, dove sembra che il male abbia il sopravvento, che si rivolge il messaggio natalizio. Un messaggio che ci dice che siamo capaci non solo di guarire, ma anche di contagiare gli altri con la gioia di un Dio che si china sull’umanità”.  All’indomani dei fatti di sangue di Berlino e Ankara, padre Paolo Benanti, teologo moralista, francescano del Terzo Ordine Regolare, docente alla Pontificia università Gregoriana, è ospite della nostra rassegna stampa.

Parole e gesti

“Non bastano certo le parole di pace e dialogo, serve un impegno concreto”, prosegue il teologo. “Ed è una consapevolezza di fede riaffermata chiaramente dal Concilio Vaticano II. Se Dio agisce attraverso parole e gesti intimamente connessi, la capacità di far diventare la fede carne e storia è solo di parole e gesti intimamente legati. Non solo gesti, perché questi potrebbero essere dettati da qualunque motivazione, e non solo parole, perché il cristianesimo non è un idealismo che non s’incarna nella storia. Cercare questa sintonia, questo allineamento tra parole e gesti, è la sfida ed è quello che costa tanto. In mezzi a tanti gesti di violenza essere gesti di pace e dialogo, riconciliazione. Oppure, in mezzo a tante parole di odio, cercare parole di apertura, comprensione, senza rifiutarsi di chiamare il male con il suo nome: questa è la sfida di oggi”.

La creazione del nemico

“Di fronte ad atti terroristici, o presunti tali, dobbiamo riconoscere che ci troviamo di fronte a una realtà complessa”, prosegue padre Benanti. “Da una parte c’è l’atto sanguinario del singolo, barbarico, grondante di non senso, che forse in tanti cuori suscita desiderio di vendetta. Dall’altra sembra esserci la tendenza a trasformare questo singolo atto in una ‘creazione del nemico’. In un Occidente in cui stiamo smarrendo la nostra identità, affermare che noi siamo, non quelli che si riconoscono nel valore della persona, ma quelli che vanno contro un’altra civiltà, è una benzina populista che riaccende certe tendenze politiche”.

La logica di Caino

“Se noi cadiamo in questo errore – prosegue il teologo -  non solo non creiamo le possibilità per superare il male, ma creiamo un nemico, uno stato perenne di lotta che c’impedisce di conoscere l’altro. E’ la logica di Caino amplificata all’infinito. Se vi entriamo, accendiamo un fuoco che non è caldo d’amore ma è freddo di quella luce luciferina che inchioda l’altro al presupposto che di lui abbiamo. E’ il pericolo più grande che abbiamo in quest’orizzonte. Fare dell’altro un nemico da annientare”.

Pane spezzato

“Se il peccato è quel presupposto su Dio, sull’altro e sulla società che ci mostrano i primi capitoli di Genesi - nelle vicende di Adamo ed Eva, Caino e Abele e la Torre di Babele - la risposta cristiana è proprio la frattura di questa diversità. Nella vita di Gesù, lo spezzare il pane è il segno di condivisione che supera ogni barriera e distanza. E questa è la vocazione cristiana per eccellenza”. 








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