2016-12-19 09:30:00

Confesercenti: restare chiusi sotto le feste per stare in famiglia


Negozi chiusi sotto le festività e a Natale per passare maggior tempo con le proprie famiglie, questo l’impegno che Confesercenti ha voluto garantire in occasione del compleanno di Papa Francesco. In una lettera aperta Massimo Vivoli, presidente dell’associazione, ha espresso il suo auspicio nei confronti del Santo Padre promettendo di farsi promotore di un cambiamento a livello legislativo circa le aperture degli esercizi commerciali nel periodo delle feste. Un argomento, quello della vita in famiglia, molto caro al Pontefice che in occasione del Natale, diventa un momento in cui si rafforzano i valori della solidarietà e della condivisione verso il prossimo. A spiegare l’eccessiva liberalizzazione delle aperture dei negozi Massimo Livoli, presidente di Confesercenti, intervistato da Sabrina Spagnoli:

R. – Siamo sempre stati contro qualsiasi tipo di liberalizzazione indiscriminata. C’era un regolamento, che veniva condiviso sia dalle parti sociali sia dagli stessi sindacati sia dalle stesse categorie, tutte, con chi conosceva molto bene le esigenze del territorio: non si capisce perché è venuta fuori una legge nazionale che a un certo punto liberalizza tutto e toglie quelle regole che prima, invece, avevano determinato le esigenze che il territorio aveva, riferite a determinate posizioni di città, di via, di locazioni, sicuramente molto importanti che avrebbero potuto essere utilizzate come servizi. Ecco, noi questa battaglia qui l’abbiamo sempre portata avanti, la porteremo avanti perché crediamo che ci siano sempre spazi per poter porre una nuova regolamentazione, come esisteva precedentemente.

D. – Il periodo natalizio è comunque un momento molto importante per gli esercizi commerciali, soprattutto per il grave periodo di crisi economica che stiamo vivendo. Limitare, quindi, le aperture non porterebbe meno introiti?

R. – No, non è questo; anche perché le aperture indiscriminate, come sono intese oggi, favoriscono esclusivamente i grandi e la grande distribuzione, i grandi Centri commerciali. Non favoriscono certamente le attività tradizionali, quelle così chiamate di vicinato, perché secondo i dati che abbiamo stanno chiudendo o stanno sempre più desertificando determinate strade, determinate piazze. Ecco perché noi abbiamo sostenuto che al di là delle giuste regole che esistevano prima, era necessario riconfermare proprio l’esigenza che le attività commerciali siano attività che, oltre ad essere utili per quanto riguarda i confini, sicuramente lo sono anche come servizio: infatti, invece, nella maniera indiscriminata favoriscono esclusivamente i grandi.

D. – Spesso dietro alle aperture extra dei negozi ci sono comunque motivi economici, di famiglie che non arrivano a fine mese. In questo caso non sarebbe sbagliato limitare questa possibilità di guadagno?

R. – Sicuramente non è un limitare la possibilità di guadagno, anche perché chi ha la conduzione famigliare non riesce a sostenere gli orari di apertura delle attività, mentre i grandi Centri commerciali, la grande distribuzione può lavorare con contratti e rapporti con i dipendenti di tipo diverso. Obbligare al concetto che non ci siano regole e a dover tenere aperte le attività di vicinato, quelle piccole, in zone in cui tra l’altro l’aspetto turistico è ininfluente, questo può essere esclusivamente un danno e di fatto lo è: i dati che ci sono, indicano in modo netto la chiusura di attività di tipo tradizionale.

D. – Secondo lei, più che puntare su aperture o chiusure dei negozi, non si dovrebbe avere un occhio di riguardo verso le condizioni e gli orari, compatibili con il rispetto e la dignità del lavoratore?

R. – In Italia sono state fatte alcune liberalizzazioni che sono sempre state dirette a togliere quelle regole nel settore del commercio. Per esempio, non ci sono mai state liberalizzazioni per quanto riguarda altre determinate categorie: mi riferisco proprio al fatto che un domani chi deve lavorare non trova le attività amministrative - i comuni, le province, quelle che sono oggi le strutture che possono dare risposte ai cittadini – aperte nelle domeniche e nei giorni festivi; hanno regole molto ben precise. Noi abbiamo sempre sostenuto che dove ci sia l’esigenza di erogare un servizio – e mi riferisco alle regole che precedentemente disciplinavano l’apertura e la chiusura delle attività commerciali – ciò avvenga in accordo con i sindacati e con le categorie economiche; dove ci fosse stata l’esigenza di fornire anche un servizio e non soltanto rimanere sul fatto della commercializzazione del prodotto, sicuramente si sarebbe trovato un accordo su queste regole: sia con chi rappresenta i lavoratori, sia con le stesse categorie economiche.








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