Mons. Antoine Camilleri, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati, è intervenuto all'apertura della conferenza sulla lotta all'intolleranza e alla discriminazione nei confronti dei cristiani, organizzata dall’Osce, svoltasi a Vienna mercoledì scorso. “Cartina di tornasole”, “sintesi”, “chiave di volta”. Li scrive così, mons. Antoine Camilleri, come pilastri che sorreggono un diritto troppo spesso brutalizzato: quello alla libertà religiosa. Diritto che, sostiene a nome della Santa Sede, è base degli altri diritti umani e libertà fondamentali.
Libertà di credo cuore dei diritti umani
Il sottosegretario per i Rapporti con gli Stati legge il discorso di apertura della
Conferenza di Vienna sulla lotta contro la discriminazione e l’intolleranza nei confronti
dei cristiani. Essere liberi di professare il proprio credo “è il cuore stesso dei
diritti umani”, affermò una volta Giovanni Paolo II. Il rappresentante vaticano cita
la frase all’inizio dell’intervento che poi articola in tre punti, iniziando col puntare
i riflettori sull’intolleranza e le discriminazione anticristiane in quanto tali,
affermando che entrambe, quando vengono perpetrate “per motivi religiosi, non sono
solo indici di violazione dei diritti umani, ma si sono anche dimostrate terreno fertile
per altre violazioni di diritti umani che ostacolano e minacciano la coesione sociale
e che possono portare a violenza e conflitto, anche tra Stati”.
Barbarie anticristiana, non solo Siria e Iraq
Il secondo punto si concentra sulle “molteplici forme” nelle quali intolleranza e
discriminazioni si manifestano nel mondo e qui il pensiero di mons. Camilleri corre
subito alla Siria e all’Iraq, a quelle “atrocità perpetrate nei confronti dei cristiani”
così “raccapriccianti – dice – da non riuscire a trovare le parole adeguate”. “La
loro sofferenza – insiste – non deve essere dimenticata” e neanche “l’ombra mortale
dell’estremismo violento e del terrorismo” scesa “ancora una volta sulla comunità
copta in Egitto”. Tuttavia, osserva il sottosegretario ai Rapporti con gli Stati,
questi “crimini d’odio” colpiscono anche molte comunità cristiane dell’area Osce,
oggetto della Conferenza di Vienna. “La distruzione premeditata di chiese, cappelle
e sale, il vandalismo deliberato nei confronti di spazi e simboli religiosi, compresi
croci, statue e altri manufatti cristiani, come anche il furto e l’abuso sacrilego
di ciò che i cristiani considerano sacro, sono tutti esempi – elenca – non solo di
atti irriguardosi, ma anche intolleranti e il più delle volte criminali commessi a
causa di pregiudizi”.
La “persecuzione educata”
Per spiegare il terzo punto del suo intervento – le “nuove forme di intolleranza e
di discriminazione” contri i cristiani – mons. Camilleri prende a prestito le parole
di Benedetto XVI, che non molti anni fa denunciava la “crescente marginalizzazione
della religione” ad opera di chi vorrebbe che essa fosse “messa a tacere o tutt’al
più relegata alla sfera puramente privata”, ridotta a mera “libertà di culto”. Sono
le nuove forme del “sentimento anticristiano”, quelle più sottili e talvolta paradossali
che contrappongono la libertà di credo “a qualche nozione generale di tolleranza e
di non-discriminazione”. È quella che si riscontra in “molti paesi” e che Papa Francesco
ha definito con dolorosa ironia la “persecuzione educata dei cristiani”: in altre
parole, “sotto le parvenze della ‘correttezza politica’, la fede e la morale cristiana
sono considerate ostili e offensive, e dunque un qualcosa che deve essere eliminato
dal discorso pubblico”.
Liberi anche se scomodi
L’Osce, ricorda mons. Camilleri, da molto tempo ha tutelato la libertà dei cristiani
di professare la propria fede pubblicamente e questo “anche se l’opinione maggioritaria
trova scomoda la sua proclamazione”. Per combattere il proliferare di intolleranza
e discriminazione, termina il rappresentante vaticano, è necessario ribadire che “la
religione o la fede – e quindi il cristianesimo – ha una capacità illimitata di bene”
per gli individui e per la società. La Santa Sede, soggiunge, è convinta che “la
dimensione della fede può favorire il rispetto delle libertà fondamentali e dei diritti
umani, sostenere la democrazia e lo Stato di diritto e contribuire alla ricerca della
verità e della giustizia”. E che “il dialogo e la collaborazione tra le religioni
e con le religioni sono un mezzo importante per promuovere sicurezza, fiducia, riconciliazione,
rispetto e comprensione reciproci e a favorire la pace”. (A cura di Alessandro
De Carolis)
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