2016-12-10 13:57:00

Diplomazia al lavoro sulla Siria: si cerca l'intesa politica


Diplomazia a lavoro, in queste ore a Parigi e a Ginevra, per tentare di salvare Aleppo dalla distruzione totale. Nella città siriana l’offensiva del governo, supportato da Mosca, contro i ribelli asserragliati nei quartieri orientali, è alla stretta finale. Oltre 1.200 i ribelli che si sarebbero arresi e circa 50 mila i civili evacuati. Intanto i miliziani del sedicente Stato Islamico sono tornati a minacciare la città di Palmira. Il servizio di Gabriella Ceraso:

La fragile tregua umanitaria proclamata da Mosca giovedì si sarebbe conclusa in poche ore già nelle serata di ieri, ma avrebbe permesso, stando a fonti russe, ad almeno 50 mila civili di uscire dai quartieri di Aleppo Est grazie ai corridoi umanitari. Bombardamenti, colpi di artiglieria e raid sarebbero in seguito ripresi: almeno 15 le vittime oggi. Ora da Parigi dove europei, statunitensi, Paesi arabi, sono a colloquio, si viene a sapere che le forze di opposizione siriane anch’esse presenti al tavolo sarebbero pronte a riprendere i negoziati con il regime "senza pre-condizioni” per un'autentica transizione politica. Poi sarà la volta dei colloqui militari sempre oggi, ma a Ginevra tra statunitensi e russi per trovare una soluzione per un effettivo cessate il fuoco. Intanto la guerra continua anche intorno ad Aleppo, innanzitutto a Palmira dove l’Is, che ha perso uno dei suoi leader, l’ideatore degli attacchi a Charlie Hebdo, ucciso dai raid Usa a novembre, è tornato a colpire impossessandosi di siti strategici. Quale dunque il futuro ad oggi di Aleppo e del resto della Siria? Lo abbiamo chiesto a Camille Eid, giornalista libanese del quotidiano Avvenire:

R. – Mi sembra che il destino di Aleppo sia già segnato. La sua caduta segnerà sì un punto a favore di Assad, ma non la fine della guerra. La città di Aleppo si trova in una zona che è quasi completamente accerchiata o dai ribelli, ad Ovest, o dall’Is, ad Est. Quindi bisognerà lavorare – militarmente purtroppo – per riprendere il controllo dell’intera provincia di Idlib.

D. – Guerra o contro i ribelli o contro l’Is. Proprio l’Is si sta ripresentando a Palmira. C’è il dubbio che si possa ricominciare proprio da capo?

R. – Forse proprio l’occupazione della città non la vedo come una cosa immediata. Però l’Is è rimasto comunque nei dintorni, e negli ultimi giorni ha dimostrato tutta la sua capacità, occupando diversi pozzi di petrolio o siti strategici. Non si può quindi parlare di colpi di coda, ma di una vera e propria capacità militare, perché sta dimostrando di riuscire a resistere sia nella zona di Palmira che a Nord di Aleppo che nella città di Mosul.

D. – Lei sostiene anche che le pressioni che l’Is sta ricevendo in Siria e in Iraq lo starebbero portando a guardare più verso Oriente, in particolare alle Filippine. Ci sarebbe proprio una proclamazione imminente di una nuova provincia del gruppo terroristico lì…

R. – Questo però non vuol dire attualmente che i capi dell’Is pensino di trasferirsi; anche se chiaramente è sottintesa una forte ripresa delle azioni militari.

D. – Ma perché proprio nelle Filippine? Ci sono margini diversi, margini di manovra più ampi? Non mi sembra, perché mi pare che Duterte abbia già dichiarato loro guerra su tuti i fronti, no?

R. – Esattamente; però possiamo parlare di un terreno abbastanza “fertile”, nel senso che quando si parla di Filippine si intende l’isola meridionale di Mindanao, dove da decenni cova sotto le ceneri una rivolta della popolazione musulmana. Per cui ci sono diversi gruppi che hanno giurato fedeltà al Califfato e lì, guidati dall’Is, potrebbero tornare alla ribellione. Sono ipotesi: ci sono chiaramente diversi punti – in Africa piuttosto che nello stesso Medio Oriente – nello Yemen o in altri luoghi – che potrebbero “sostituire” il terreno perso dall’Is in Siria e in Iraq.

D. – Oggi giornata di lavoro della diplomazia: in base a quello che sta succedendo ad Aleppo cambieranno i termini in cui si svolgono questi colloqui?

R. – Chiaramente si tratta di un tempo perso. Nel giro di poche settimane ci sarà una nuova amministrazione americana; per cui gli americani puntano sull’educazione dei loro esperti presenti ad Aleppo Est. Per quanto riguarda la vittoria di Assad, si tratta di capire se l’amministrazione americana sarà disposta ad arrivare a un compromesso, e concentrare quindi tutti gli sforzi contro l’Is. Oppure se continueremo ad assistere alla vittoria di una parte su un fronte e a quella dei suoi rivali sull’altro fronte. In questo modo – chiaramente – la guerra non potrà avere fine.

D. – Esiste un’opposizione moderata ad Assad con un progetto credibile di transizione politica?

R. – I moderati, che all’inizio della rivolta contro Assad rappresentavano il nuovo volto di una Siria democratica, più realista hanno ora un ruolo molto attenuato. Continuano ad apparire a livello mediatico; ma il loro peso sul terreno, in un momento in cui sono le armi a dettare la politica, purtroppo non lo vedo un progetto credibile.








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