“Apprezziamo i passi effettuati e ringraziamo coloro che vi hanno contribuito” affermano i vescovi del Burundi nella loro Lettera pastorale pubblicata per la chiusura dell’Anno Santo della Misericordia. “All’apertura dell’Anno giubilare avevamo auspicato che quest’Anno fosse per i burundesi un’opportunità di riconciliazione, perché i contendenti si sedessero, si dicessero la verità in un dialogo franco che permettesse di risolvere i problemi del Paese, in modo tale che i burundesi possano vivere nella pace e nella sicurezza” spiega il Messaggio ripreso dall’agenzia Fides.
I rifugiati all'estero hanno paura a rientrare in patria
“Ci sono ancora tanti fratelli e sorelle che sono rifugiati al di fuori del Paese”
ricordano i vescovi. “Nonostante abbiano sentito il nostro appello, non osano rientrare
perché non si sentono rassicurati. Non c’è qualcosa da correggere perché si sentano
sicuri?” sottolinea il messaggio. I vescovi lamentano che quanti sono rimasti nel
Paese “diffidano gli uni degli altri, e sembra che si spiino reciprocamente, avendo
paura di dire la verità a voce alta, non si ha più fiducia del proprio vicino, proprio
quando invece è il momento di dire la verità e di accogliere la verità che salva e
riconcilia”.
La rielezione di Nkurunziza ha aggravato la situazione con omicidi e sparizioni
di oppositori
La crisi politica burundese risale all’aprile 2015, quando il Presidente Pierre Nkurunziza
annunciò la decisione di ripresentarsi alle elezioni per un terzo mandato, in violazione
della Costituzione e degli accordi di pace di Arusha. La rielezione di Nkurunziza,
nel luglio dello stesso anno, ha aggravato la situazione con omicidi e sparizioni
di persone legate all’opposizione e la comparsa di gruppi di guerriglia anti Nkurunziza.
Le violenze hanno finora provocato 500 morti e spinto alla fuga nei Paesi limitrofi
circa 300.000 persone. (L.M.)
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