2016-12-06 13:44:00

Somalia: ancora scontri tra i clan, futuro sempre incerto


Non sembrano arrestarsi gli scontri all’interno della Somalia, il Paese da giorni è preda di attacchi terroristici da parte dei jihadisti di al Shabaab che sempre più spesso colpiscono i civili che si rifiutano di pagare dazi al fine di finanziare il gruppo antigovernativo. Risale infatti a fine novembre l’attentato in un mercato di Mogadiscio dove 17 persone hanno perso la vita e 20 sono rimasti feriti. Nel contempo, le forze di sicurezza dello Stato del Puntland avanzano verso Qandala per riprendere il controllo della città, ormai assediata dai fedeli del seidcente Stato Islamico. A ciò si affianca una grave siccità che sta lasciando morire di fame e di sete la popolazione, e le elezioni presidenziali rimandate alla fine di dicembre. A spiegare l’attuale situazione politica della Somalia e il suo futuro, la Prof.ssa Anna Bono, docente di Storia e Istituzioni dell’Africa dell'Università di Torino, al microfono di Sabrina Spagnoli

R. – La situazione politica in Somalia è quella che si trascina ormai da anni. Le istituzioni politiche esistono, sono state create ormai da dieci anni, si sono trasferite da molto tempo in Somalia. Si tratta di un governo che ha diversi problemi: il primo è il fatto di passare da una crisi all’altra, poi di avere un controllo del territorio e quindi del Paese molto, molto fraglie. Una buona parte del territorio somalo è ancora del tutto fuori controllo perché è controllata dal gruppo jihadista anti governativo al Shabaab. Il governo della Somalia si regge sul piano militare grazie all’esistenza di una missione dell’Unione Africana, e dal punto di vista economico, grazie a contributi internazionali che di anno in anno finanziano il governo e le sue istituzioni. Quindi è una situazione critica, aggravata da livelli di tassi di corruzione accertati elevatissimi che mandano in fumo milioni, miliardi di dollari. Questo completa il quadro di una situazione molto critica, difficile, soprattutto pensando alle aspettative che si erano nutrite: il Paese già da anni avrebbe dovuto andare al voto e quindi acquisire delle vere e proprie istituzioni democratiche, cosa che ancora non succede. Proprio in questi giorni c’è stato un ulteriore rinvio del voto.

D. - Il Paese comunque sta morendo per una grande siccità e ci sono stati anche diversi scontri tra i residenti dei  villaggi con il gruppo degli al Shabaab. Come mai questo accanimento verso i civili?

R. - Perché devono sopravvivere anche loro e finanziarsi. Naturalmente non è la comunità internazionale a fare questo, i mezzi sono altri. Uno di questi è anche quello di estorcere risorse alla popolazione sotto forma di tasse e di dazi. Non è l’unico modo con il quale si finanzia al Shabaab; un altro, purtroppo, è il contrabbando di prodotti di origine animale, frutto di bracconaggio. Si ritiene che abbia altri tipi di finanziamento come d’altra parte succede per le altre cellule e gruppi legati ad  al Qaeda.

D. - Si parla infatti anche di un traffico di armi nel Paese. Quindi anche questo può essere un motivo di sostentamento economico?

R. - Non solo! Anche il contrabbando di un tipo di droga molto popolare in Somalia proveniente dal Kenya; anche questo è uno dei cespiti cui ricorre al Shabaab.

D. - Le elezioni presidenziali sono state rimandate a fine dicembre anche per possibili incursioni di al Shabaab ai danni dei civili votanti. Che futuro si staglia per il Paese?

R. - È un futuro molto incerto. La popolazione somala in questo momento – e non è la prima volta -, è in una situazione di particolare difficoltà. Il futuro del Paese dipende da un lato dal senso di responsabilità e da una reale volontà di governo e di buon governo da parte di chi uscirà finalmente – si spera – da queste elezioni che comunque sono elezioni solo apparentemente democratiche, perché nel Paese non è ancora stato fatto nemmeno un censimento; quindi non è la popolazione a votare ma dei delegati. Poi la sconfitta di al-Shabaab è l’altro fattore necessario per dare un futuro, una speranza al Paese. É una situazione migliore rispetto agli anni passati; voglio ricordare che la Somalia è in guerra dal 1991, quando è caduto il regime di Siad Barre, ed ha attraversato periodi ancora peggiori, se mai possibile. Certo che il fattore tribale, in questo caso lo scontro tra i clan, non è mai finito e finché non viene meno prima di tutto questo aspetto, cioè l’incapacità dei clan somali di organizzarsi e di condividere e spartire il potere nell’interesse di tutto il Paese, non c’è futuro stabile per la nazione che non può indefinitamente dipendere da aiuti internazionali e da eserciti stranieri.








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