2016-12-05 13:43:00

Tarquinio: gli italiani ostili al cambiamento del sistema costituzionale


Il voto referendario mostra che gli italiani non accettano forzature su temi importanti. Lo ha detto il direttore del quotidiano Avvenire, Marco Tarquinio il quale al microfono di Fabio Colagrande traccia l'immagine del Paese: 

 

R. - È l’immagine di un Paese che va alle urne per una questione importante, quella della Costituzione; è un’Italia purtroppo a due velocità tra Nord e Centro Nord e Sud che fornisce un quadro relativo alla partecipazione diverso e questo è un altro indice preoccupante; un’Italia che manda un segnale politico e istituzionale molto chiaro anche al parlamento. Adesso tutti si concentreranno su cosa accadrà al governo, ma la questione era un’altra: forse su questa bisognerebbe ragionare.

D. - Un voto che ha bocciato Renzi o ha bocciato la sua riforma costituzionale?

R. - Diciamo che ci sono due segnali: Renzi raccoglie il frutto dei suoi errori: l’aver personalizzato - come è stato detto e come lui stesso ha ammesso - la campagna referendaria soprattutto al suo principio, ma prima ancora, aver condotto in porto una riforma della Costituzione di così ampia portata senza quella sponda di almeno una parte dell’opposizione che era stata intelligentemente pensata e realizzata anche sotto la regia del Quirinale. Sono questi i due errori di Renzi che alla fine sono stati sanzionati. Ma c’è di più e c’è dell’altro. Nel 2006 prima e nel 2016 ora - dieci anni dopo - ci troviamo di fronte ad un segnale del corpo elettorale limpido, forte, ostile ad un cambiamento del sistema costituzionale che faccia perno sul superamento brusco del bicameralismo paritario. Bisogna decidersi a fare i conti con questa indicazione, non può essere considerata un’indicazione casuale pur che sia. A distanza di dieci anni, la riforma Berlusconi e la riforma Renzi vengono archiviate entrambe dal corpo elettorale. Bisognerà, nel tempo della ricostruzione che ci troviamo davanti, trovare la strada giusta per ammodernare la seconda parte della nostra Costituzione senza forzare gli orientamenti di un elettorato che si è dimostrato molto reattivo e consapevole.

D. - Quale sfida in questo momento per il Paese dopo le dimissioni di Renzi?

R. - Non finire ostaggio delle ambizioni reciproche di coloro che hanno lavorato anche per il fronte del “No”: è evidente che è molto semplice trovarsi d’accordo quando c’è da essere contro, ma come dicevo, in questo tempo di ricostruzione è necessario che si sappiano declinare delle proposte concrete. Vedo che è già cominciata una gara invece a chi va prima alle urne, con la legge elettorale che tutti hanno vituperato, ma c’è qualcosa che non torna. Credo che bisogna sapere andare oltre gli egoismi. È evidente che a questo punto serve un concerto che fino ad oggi non c’è stato.

D. - I cattolici si sono trovati su entrambi gli schieramenti. Ora, dopo il referendum quale può essere il loro contributo alle nuove sfide che stavi descrivendo?

R. - Attraverso le pagine dei giornali e il dibattito pubblico, ho potuto verificare che i cattolici hanno partecipato con toni, dal mio punto di vista giusti a questo grande dibattito nazionale stando molto sul merito delle questioni costruzioni che erano poste. Mi auguro che questo atteggiamento sia contagioso e che sappiano innervare le diverse posizioni politiche - nelle quali si riconoscono - di questa sensibilità e di questo senso delle priorità vere.

 

 

 

 

 

 








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