2016-12-04 10:30:00

Pace in Colombia: ex guerriglieri iniziano il disarmo


Gli ex guerriglieri delle Farc, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia, hanno cominciato le operazioni di disarmo e si aspettano ora la liberazione anticipata dei loro compagni catturati dall'esercito regolare. E’ quanto annunciato da un capo del movimento di stampo marxista all’indomani dell’entrata in vigore del cosiddetto accordo di pace bis, approvato lo scorso giovedì dal parlamento colombiano dopo mezzo secolo di guerra civile. Il 2 ottobre scorso il popolo aveva bocciato la prima intesa siglata tra governo e ribelli. Ma quali sono le prossime tappe previste dall’accordo? Marco Guerra lo  ha chiesto a Gianni La Bella, docente di Storia Contemporanea all'Università di Modena e Reggio Emilia, che per conto della Comunità di Sant’Egidio ha seguito il processo di pace in Colombia:

R. – È molto importante sottolineare che questo “accordo bis”, come è stato definito dalla stampa, rappresenta un po’ – potremmo dire – l’inizio di un trattato di fiducia, di una nuova storia delle relazioni della vita colombiana. L’implementazione di questo accordo ha un calendario definito nei minimi particolari e che dovrà essere attuato concretamente. Il primo problema sarà individuare le zone dove gli ex guerriglieri saranno momentaneamente invitati a risiedere. Queste zone dovranno essere individuate, allestite, quindi con luoghi dove sarà possibile vivere e studiare: vivere una vita normale e non più nella giungla. Questo secondo passo comporterà conseguentemente una sorta di demolizione degli armamenti più importanti – i cannoni, le mine, ecc. – per arrivare progressivamente ad una smilitarizzazione diffusa e definitiva.

D. – Dal canto suo, la guerriglia delle Farc chiede già la liberazione di ribelli: quando avverrà questo, come saranno reinseriti nella società questi miliziani che hanno lottato per decenni?

R. – Anche questo è un procedimento in itinere. Cioè qui bisogna intendere molto bene che l’accordo di pace stabilisce un percorso - potremmo dire - “ideale” che dovrà trovare la sua implementazione concreta. A seconda dei reati commessi, alcune di queste persone torneranno in libertà. Qui c’è un discrimine che dovrà successivamente affrontare il famoso Tribunale della pace, che verrà costituito questa volta, a differenza del primo accordo, con la partecipazione di soli giudici colombiani, e dovrà decidere il livello di responsabilità dei singoli guerriglieri. Ora, bisogna tener presente che tutto questo deve trovare la “materialità” dove potersi realizzare: bisogna istituire luoghi – il Tribunale speciale – bisogna fare delle liste complete dei guerriglieri; identificare le persone con nome e cognome, perché molte di queste hanno avuto finora dei nomi di battaglia e quindi non si conoscono le identità; e così via. È un processo molto complesso dal punto di vista pratico, che coinvolge migliaia di persone in tutto il Paese.

D. – La Chiesa sta animando in questi giorni laboratori in vari punti del Paese promossi dalla Commissione di conciliazione nazionale…

R. – Sì, l’impegno della Chiesa a questo livello è molto importante e – oserei dire – in certe situazioni determinante. La Chiesa, proprio per il suo radicamento nel territorio, può svolgere una funzione unica, che è quella di riconciliare a livello locale, nei posti più sperduti, sulle montagne, le persone che si sono, per oltre 50 anni, affrontate, confrontate tra di loro: quindi contadini, guerriglieri. Qui si tratta di fare, attraverso le parrocchie, le istituzioni della Chiesa cattolica, un’opera concreta, quotidiana, minuziosa, di riconciliazione: aiutare le persone a ritrovare una dinamica della vita quotidiana, a trovare le parole per questa riconciliazione; superare ogni forma di rancore e di odio; identificare le persone che alle volte sono rimaste coinvolte in questo conflitto e non si sa dove siano sepolte ecc. C’è un lavoro di base importantissimo che deve costituire un po’ l’architrave, il fondamento, che poi sorreggerà l’accordo in tutto il Paese. Proprio il valore della misericordia, e soprattutto la fiducia enorme di cui gode la Chiesa in questo Paese, assegna appunto alla Chiesa cattolica il compito in un certo senso unico, che nessun’altra istituzione della società civile può fare.








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