2016-12-03 19:00:00

Siria: Mosca pronta al negoziato. Ue: proteggere civili


Mosca è pronta a discutere con gli Stati Uniti sulla sorte di Aleppo, in Siria, dove i lealisti avrebbero strappato ai ribelli due terzi della zona orientale. Lo afferma il capo della diplomazia russa Lavrov mentre la battaglia continua a non risparmiare nessuno .Oggi il raid piu' sanguinoso ha colpito una colonna di sfollati. Il servizio di Gabriella Ceraso:

Al termine di questa settimana si continua a parlare di Aleppo come un enorme cimitero a cielo aperto. 6 giorni, 300 morti civili nell'offensiva governativa di terra, lo dice la britannica Bbc a conferma di fonti locali. Le ultime vittime, di cui il numero resta imprecisato, apparterrebbero ad una colonna di sfollati giunti da rioni sotto attacco. Nella zona est della città l’Onu sostiene rimangano circa 200mila civili. I due terzi dei quartieri sarebbero stati strappati ai ribelli dai lealisti e Mosca avrebbe già inviato il primo gruppo di genieri per le operazioni di sminamento. Ma dalla Russia la notizia più importante di oggi è, come annunciato dal ministro degli Esteri Lavrov, la disponibilità ad inviare a Ginevra, militari e diplomatici per concordare un'azione comune in base ai suggerimenti raccolti ieri a Roma dal Segretario di Stato Usa Kerry. Non un incontro fine a se stesso, dice Lavrov, ma da tradursi in una procedura dettagliata per liberare la citta'. Spiragli che fanno ben sperare anche il ministro degli Esteri italiano Gentiloni che dal Forum Med chiuso oggi a Roma appunto rilancia “non possiamo rassegnarci”.

Siria, terrorismo, Islam politico e migranti al centro duqnue di RomeMed 2016, i Dialoghi per il Mediterraneo, una tre giorni organizzata dall’Ispi e dal Ministero degli Esteri italiano, a cui hanno preso parte anche Stati Uniti e Russia, coinvolti nelle crisi mediorientali. In chiusura l’intervento del capo della diplomazia europea Mogherini e quello del mediatore Onu per la Siria, Staffan De Mistura. Unanime la sfida: non lasciare soli i civili e avviare i negoziati. il servizio di Cecilia Seppia:

“Dall’Ue sentirete sempre un richiamo alla cessazione dei bombardamenti e alla protezione dei civili”. Così l’Alto Rappresentante per la politica estera dell’Ue, Federica Mogherini, ai Med Dialogues di Roma, dove espone e ribatte ciò che muove l’Unione nei confronti delle crisi che stanno uccidendo il Medio Oriente: pragmatismo e principi, corridoi umanitari e aiuti economici. Il richiamo è a tutti paesi dell’area: dall’Egitto al Marocco alla Giordania, dagli Emirati al Qatar fino all’Iran a seguire un percorso politico che non deve essere ostaggio delle dinamiche militari. Molti conflitti - sostiene la Mogherini - sono stati risolti anche senza un cessate il fuoco, che soprattutto in Siria si è rivelato più volte fallimentare. Serve la soluzione politica insiste il mediatore Onu Staffan De Mistura, una soluzione inclusiva che comprenda tutti coloro a cui sono stati tolti i diritti, perché se ciò non avviene il terrorismo dello Stato islamico non potrà essere battuto. Il presidente onorario dell’Ispi, l'Istituto per gli studi di politica internazionale, Giorgio Napolitano:

"La strada giusta per il cambiamento, per la democrazia, per lo sviluppo ulteriore di ogni Paese, è la strada della tolleranza, è la strada del reciproco riconoscimento tra uomini di diverse fedi politiche e di diverse confessioni religiose. Dunque, è la strada dell’unità, della tolleranza e del contributo da dare ad un nuovo ordine regionale e mondiale. Ma si è o no convinti di questo da parte di tutti i protagonisti della politica internazionale? Si è o no veramente convinti che sono sfide comuni che non riguardano l’uno piuttosto che l’altro e non possono soltanto sollecitare delle dichiarazioni di principio e parole? In realtà, quando pensiamo a come si è bloccata la strada di una tregua e di una transizione fino ad ora in Siria, si deve dire 'No', perché così non c’è abbastanza volontà politica, coraggio politico, coerenza di comportamenti. Non c’è stata in Siria e non c’è in molte altre parti, nonostante le premesse apparissero, non tanto tempo fa, molto incoraggianti. Ma, insomma se si ricomincia – da parte di chiunque – a parlare di guerra fredda si esce completamente fiori strada e invece dobbiamo unirci e combattere l'unico nemico: il terrorismo".

Questa è una guerra per procura ci vuole una pace per procura aggiunge De Mistura, esortando il neoeletto presidente della Casa Bianca Donald Trump a smussare le sue posizioni e sedere al tavolo delle trattative e a chi ha influenza su Bashar Al Assad di spingerlo al negoziato reale che vuol dire condivisione del potere, soprattutto ora che in Siria i governativi sembrano ad un passo dal liberare la martoriata Aleppo dalle mani dell’Is.

Il conflitto siriano interroga il mondo e giungere ad un negoziato è prioritario su qualunque altra sfida o opportunità che coinvolge i Paesi del Mediterraneo. Così Antonio Villafranca responsabile del programma Europa dell'Istituto degli studi di politica internazionale (Ispi) che ha organizzato i Dialoghi per il Mediterraneo. Cecilia Seppia lo ha intervistato:

R.  – Uno dei temi principali è stato capire in che modo il conflitto siriano possa essere risolto coinvolgendo tutti gli attori internazionali e quelli che non sono strettamente della regione, perché è evidente che solo così ci sarà  stabilità. Certo, si pongono diverse sfide, ci sono ancora diversi problemi soprattutto per tutti i siriani che sono andati via dalla Siria e molti dei quali purtroppo non ritorneranno in Siria, anche perché dopo alcuni anni fuori, è ovvio che hanno altri interessi e famiglie che sono state spostate. Quando parliamo di flussi di migranti, forse ci dimentichiamo che dietro ci sono delle persone con le loro famiglie, con le loro storie, e quindi è ovvio che non è una “questione idraulica” quella da affrontare con le immigrazioni, non sono semplici flussi, ma sono appunto degli esseri umani che hanno bisogno di aiuto.

D. - Altro punto fondamentale è la questione del terrorismo: qui si è arrivati ad una visione comune?

R. - Per quanto riguarda il terrorismo la visione comune riguarda la sconfitta di Daesh, nella consapevolezza che Daesh può essere sconfitto territorialmente, ma che i suoi germi, purtroppo, sono ancora presenti; l’estremismo religioso ancora c’è e ci sarà e va combattuto creando una nuova normativa per la regione, ma soprattutto creando opportunità di crescita e di lavoro per i giovani, perché soltanto in questo modo si può pensare di togliere linfa vitale all’estremismo religioso.

D. - Sono state molto forti le parole pronunciate dalla Mogherini: “Dall’Ue sentirete sempre un richiamo alla cessazione dei bombardamenti e alla protezione dei civili”. Quanto sta facendo l’Europa su questo? Quanto, invece, potrebbe fare di più?

R. - L’Europa potrebbe fare enormemente di più. Una questione di cui si è discusso molto è su cosa l’Europa sarà chiamata a fare di più in futuro. D’altra parte l’elezione di Donald Trump pone delle sfide senza precedenti per l’Europa, in quanto ha dichiarato che l’Unione Europea deve prendersi le proprie responsabilità. Questo vuol dire che dovrà anche spendere di più per la Difesa, dovrà quindi avere l’iniziativa in sede Nato nelle regioni che sono di diretto interesse per l’Europa stessa. Quindi si apre una sfida nuova. Peccato che questo accade in un momento di particolare debolezza per l’Europa che è così orientata a guardare a se stessa da non vedere che appena poco più in là ci sono, delle crisi, certo, ma anche delle opportunità che potrebbe cogliere.








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