2016-11-29 14:19:00

Haiti presidenziali: Moise vince con il 55,6%. Prima sfida l’estrema povertà


L’uomo d’affari Jovenel Moise ha vinto le elezioni presidenziali ad Haiti. I risultati preliminari del primo turno, svoltosi lo scorso 20 novembre, vedono il candidato vicino all’ex Presidente Martelly in testa con il 55,6% delle preferenze. Una maggioranza assoluta che non richiede alcun ballottaggio, come previsto dal sistema elettorale. Alle urne si è tornati dopo due appuntamenti annullati nell’ultimo anno, per brogli e per la devastazione dell’uragano Matthew. Con questo voto Haiti cerca di consolidare la democrazia, dopo un anno di governo tecnico, e di risollevarsi da una forte crisi economica dovuta anche alla mancata ricostruzione dopo il devastante terremoto del 2010. Sulla vittoria di Moise, Marco Guerra ha intervistato l’esperto di America Latina e presidente dell’Icei, Istituto Cooperazione Economica Internazionale,  Alfredo Somoza:

R. - Jovenel Moïse è il figlio di una grande crisi politica che attanaglia Haiti dal 2015. Ormai è più di un anno che questa crisi non si riusciva a chiudere, una crisi iniziata quando era stato deposto l’ex Presidente per problemi di corruzione. È una crisi che poi si è fortemente aggravata dalle catastrofi naturali e non naturali che ha sofferto Haiti: il terremoto, ma soprattutto l’arrivo degli uragani in autunno. È un Paese che ha forse il record mondiale di dissesto idrogeologico, e le conseguenze sono terrificanti. Moïse era stato scelto dall’ex Capo di Stato, il chiacchierato Michel Martelly, che l’aveva nominato come suo “delfino”. Poi, questo nuovo Presidente ha avuto dei mezzi superiori a tutti gli altri, nel senso che era l’unico ad avere un elicottero a disposizione: una cosa imprescindibile per fare campagna elettorale in un Paese che è  rimasto senza più nemmeno le strade. Ha speso in pubblicità più di tutti gli altri rivali messi insieme. Moise non riprende il filone della politica haitiana degli ultimi anni; ripromette una prosperità che allo stato delle cose è molto difficile capire da dove possa provenire. Comunque, va registrato che le elezioni che hanno concluso quest’anno e mezzo di caos politico hanno avuto una bassissima partecipazione, dato che soltanto il 22% degli lettori haitiani si è recato alle urne. Questo ci fa capire che, effettivamente, nella situazione di insofferenza rispetto alla politica, e con in mezzo i disastri naturali, la popolazione interna ha raggiunto un limite forse non più recuperabile.

D, - In campo, si è vista una grande frammentazione delle forze politiche: si rischiano tensioni e proteste alla luce di questo risultato?

R. – No, difficilmente, perché ormai la politica ad Haiti non è più sentita come un qualcosa di trascendente: rimane una dimensione per gli “addetti ai lavori”. Haiti ha avuto un periodo lunghissimo pieno di instabilità, purtroppo durante il regime della famiglia Duvalier – sia il padre sia il figlio – che poi si era concluso con l’elezione nel 1990 di un sacerdote, Jean-Bertrand Aristide, che aveva creato grandissime aspettative, poi anche nel suo caso deluse. Dalla caduta di Aristide avvenuta nei primi anni 90, Haiti è un Paese che non ha più ritrovato la pace, e ormai il livello della popolazione consiste nel garantirsi, se riesce, la sopravvivenza. Quindi è difficile che si producano manifestazioni di protesta per le modalità con cui sono avvenute le elezioni. Ricordiamo che gli osservatori internazionali hanno detto che sono andate discretamente bene, mentre lo scorso ottobre erano state cancellate altre elezioni per evidenti motivi di frode elettorale.

D. – Quali sono le emergenze che si troverà ad affrontare Jovenel Moïse? Qual è l’agenda politica dei prossimi mesi?

R. – Fondamentalmente, sono tutti i problemi legati all’estrema miseria, all’estrema povertà che diventa miseria – Haiti è il Paese più povero dell’emisfero occidentale – insieme alla ricostruzione per i periodici disastri naturali che ha sofferto il Paese. Senz’altro c’è un’emergenza che riguarda la sanità: ad Haiti si ripetono focolai di colera, e c’è una situazione terrificante per quanto riguarda, ad esempio, l’acqua potabile e i servizi igienici. C’è una priorità e un’urgenza sulla ricostruzione di abitazioni, che possano anche resistere ad esempio agli uragani. Diciamo che è un’agenda totalmente emergenziale; ed è per questo motivo che è  difficile che Haiti possa conoscere tempi migliori, almeno per un po’.

D. – Haiti è il Paese più arretrato dell’America Latina; la comunità internazionale cosa sta facendo per aiutarlo?

R. – Ci sono state diverse polemiche da parte di esponenti del governo haitiano con l’ultimo uragano, quando era stata gonfiata la cifra dei morti da parte degli organismi per poter in qualche modo incentivare la raccolta fondi. Il problema di Haiti, come quello di tanti Paesi che vivono le emergenze, è quello in qualche modo di “sdraiarsi” sugli aiuti internazionali, dipendere a dei livelli troppo alti dagli aiuti internazionali, senza capire come fare investimenti per evitare che si ripeta l’emergenza. 








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