Per ripensare l’economia, bisogna partire dalle piccole scelte quotidiane che tutti siamo chiamati a fare, usando i beni per scelte solidali, avendo cura del Creato e misurandosi con la povertà delle famiglie che ci vivono accanto. Questo il cuore del messaggio inviato da Papa Francesco al Simposio sull’economia in corso a Roma, presso la Pontificia Università Antonianum e organizzato dalla Congregazione per gli istituti di Vita consacrata e le Società di vita apostolica. Vi partecipano circa mille economi, impegnati sul tema: “Ripensare l’economia nella fedeltà al carisma”. Il servizio di Roberta Barbi:
Carisma, fedeltà e un ripensamento dell’economia: il Papa ripercorre i tre punti salienti che formano il titolo del Simposio sull’economia organizzato dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica per offrire le sue riflessioni sul tema. I carismi, innanzitutto, afferma il Santo Padre, nella Chiesa non sono “qualcosa di statico e rigido”, ma sono chiamati a fruttificare facendo nascere il bene all’interno della Storia. Parlare di carisma significa parlare di dono, di gratuità e di grazia, come conferma la radice del termine, charis: una società che non la possiede finisce per disumanizzarsi, mentre l’economia non è mai neutra dal punto di vista etico e antropologico e se non concorre a costruire rapporti di giustizia e solidarietà, genera situazioni di esclusione e di rifiuto. Questa, dunque, la chiamata cui devono rispondere i consacrati: restare vigili e rispondere alle situazioni concrete mantenendo vitali questi doni, ma anche ascoltando la Parola di Dio che ci parla e restando pronti a “sporcarsi le mani” lavorando nella storia scrutando in essa i segni di Dio e accompagnando le donne e gli uomini del nostro tempo. Leggere le domande per rispondervi, ascoltare il pianto per consolare, riconoscere le ingiustizie per condividere l’economia, discernere le insicurezze per offrire pace e guardare le paure per rassicurare: questo il delicato compito della vita consacrata.
Fedeltà al carisma e alla missione della Chiesa
La fedeltà, invece, prosegue Francesco, oggi è “domandarsi cosa il Signore ci chiede
di fare”. Chiedersi, dunque, “se le nostre opere manifestano o no il carisma che abbiamo
professato – chiarisce il Papa – se rispondono alla missione che la Chiesa ci ha affidato”.
Il criterio di valutazione, naturalmente, non può essere la redditività, ma – appunto.
La fedeltà al carisma che richiede il coraggio di tenere lo sguardo ben rivolto a
Cristo e le orecchie attente alla voce dei poveri.
"L'ipocrisia dei consacrati che vivono da ricchi danneggia la Chiesa"
Si arriva, dunque, al ripensamento dell’economia attraverso una rilettura attenta
non solo della storia, ma della Parola di Dio, agendo poi con “quella fiducia coraggiosa
nella provvidenza del Padre”. Il Papa invita a non farsi tentare dalla logica dell’individualismo,
ma ad esprimere il discernimento che opera nel rispetto delle leggi e si pone controcorrente
perché si serve del denaro, non serve il denaro, si avvale di specialisti perché necessita
di competenze e capacità specifiche, ma riguarda anche la vita di ognuno. In questo
senso il discernimento non si delega, perché investe la responsabilità personale.
Anche gli istituti di vita consacrata – aggiunge il Papa – non sono esenti da rischi
come la massimizzazione del profitto che è distorsione dell’economia, o come il cedere
alla trappola dell’avarizia. “L’ipocrisia dei consacrati che vivono da ricchi ferisce
le coscienze dei fedeli e danneggia la Chiesa – avverte Francesco – dobbiamo educarci
a un’austerità responsabile perché non basta aver fatto la professione religiosa per
essere poveri”, soprattutto se l’istituto cui si appartiene consente di gestire o
godere di tutti i beni che si desiderano. Compiere scelte di onestà è faticoso – conclude
il Papa - ma si tratta di acquisire un habitus, uno stile nel segno della giustizia
e della condivisione spesso scomodo, ma come scrive San Giovanni Apostolo nella sua
Prima Lettera, “se uno ha ricchezze di questo mondo vedendo il suo fratello in necessità
gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio?”.
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