2016-11-23 12:51:00

Mons. Paglia: aborto peccato gravissimo, fatto dire al Papa l'opposto


Continua a suscitare commenti la Lettera Apostolica del Papa “Misericordia et Misera” pubblicata a conclusione del Giubileo. “Questo è il tempo della misericordia” ribadisce Francesco. Tra le novità più dibattute è senz’altro la facoltà estesa a tutti i sacerdoti di assolvere il peccato di aborto. Tante le deformazioni giornalistiche di quanto scritto dal Pontefice. Ma qual è il cuore di questo documento? Sergio Centofanti lo ha chiesto a mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita e gran cancelliere del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia:

R. – Il cuore del documento è quello di ridare forza di cambiamento alla Misericordia. La Misericordia non è una parola astratta: in realtà, è la forza di Dio che cambia la storia degli uomini. Per questo il Papa esorta ad accoglierla e a distribuirla, ovviamente; perché chi l’accoglie non resta più come prima. Non solo cambia se stesso, ma riesce a trasformare persino la cultura.

D. – I mass-media non sempre hanno dato un corretto servizio all’informazione, in particolare sulla questione dell’aborto: come se il Papa l’avesse banalizzato o derubricato come peccato grave

R. – E’ vero esattamente l’opposto: proprio perché concedere il perdono significa un dialogo, una consapevolezza, una decisione di non ripetere più quello che si è fatto. In questo senso, allargare ai sacerdoti vuol dire dare maggiore possibilità a chi ha compiuto questo gesto terribile di comprendere la gravità di quello che ha fatto e quindi di poter cambiare vita e quindi di non farlo più. In questo senso, il Papa – consapevole della gravità – vuole offrire il modo migliore per impedire il ripetersi. Certamente, avere una maggiore possibilità di accedere a una medicina robusta aiuta chi è debole a cadere meno facilmente o comunque a non cadere. Quindi, proprio perché è un atto gravissimo è necessaria una straordinaria concessione della Misericordia.

D. – Oggi chi procura l’aborto incorre nella scomunica latae sententiae, cioè automatica. Cambia qualcosa, adesso?

R. – No. La scomunica latae sententiae resta così com’è nel Codice di Diritto Canonico. In questo senso, non c’è nessun cambiamento nella concezione della gravità del peccato, nessun attutimento: resta l’eliminazione colpevole di un innocente ed è gravissimo. Il senso del testo papale è appunto nella volontà di far comprendere che chi si pente, anche di questo gravissimo peccato, viene perdonato e abbracciato dal Signore. In questo senso, viene come dimenticata da Dio la scomunica che era comminata per questo atto drammatico. Certamente, poi, c’è in questo gesto del Papa una grande considerazione della debolezza o dei drammi di tante donne che, se lasciate a loro stesse, difficilmente riescono a uscirne e a trovare una strada non solo per non ripetere quanto hanno fatto, ma anche per sentirsi aiutate di fronte al dramma che sempre ogni aborto procura, anche nelle stesse donne.








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