2016-11-22 15:10:00

Colombia: è ancora 'no' all'accordo di pace con le Farc


Continua la grave situazione di stallo in Colombia dove, dopo sei ore di colloqui, l’opposizione ha detto no al nuovo accordo di pace raggiunto a metà novembre tra i negoziatori del governo e quelli delle Farc, le Forze armate rivoluzionarie. Una prima intesa, raggiunta a Cuba alla fine di agosto, era stata bocciata dai cittadini in un referendum il 2 ottobre scorso. Francesca Sabatinelli ha intervistato il giornalista Alfredo Somoza, Presidente dell’Icei, Istituto Cooperazione Economica Internazionale:

R. – Lo scenario è ancora una volta molto incerto, perché si sosteneva che tra governo e fronte del “no” (l’opposizione ndr) ci sarebbe stato un accordo definitivo per portare questo secondo accordo in Parlamento e lì convalidarlo. E’ saltato, questo dialogo, per questioni anche di merito e di forma, nel senso che il governo voleva che in Parlamento non si potessero modificare gli accordi, inoltre non ha voluto che il fronte del “no” incontrasse i dirigenti delle Farc che, nel frattempo, sono rientrati tutti a Bogotà per firmare l’accordo. Il fronte del “no” voleva anche incontrare gli esponenti, su questo il governo ha messo il veto, il negoziato è saltato e quindi torniamo alle due ipotesi che c’erano in partenza, cioè quella del governo per il quale in caso di accordo in Parlamento basta quello per convalidarlo, e quella dell’opposizione che, invece, è tornata a dire che qualsiasi accordo si faccia si deve passare di nuovo per un referendum, ciò che il governo di Santos vorrebbe evitare, considerando che ha una maggioranza autonoma alla Camera, mentre al Senato è in coalizione. Bisogna capire la tenuta del fronte delle forze politiche che sostengono il Presidente Santos.

D. – Su quali punti dell’accordo rigettato si è intervenuti per arrivare al testo attuale?

R. – Del pacchetto di critiche che avanzava il fronte del “no”, il nuovo accordo ne ha accolto – secondo gli esperti colombiani – tra il 70% e l’80%. Sono cambiate diverse cose, l’accordo non va scritto in Costituzione; i reati di narcotraffico vengono visti volta per volta dal giudice; non ci saranno giudici stranieri ma tutto passa per la giustizia locale, eccetera. Quello che invece non hanno concesso le Farc, e quindi il governo nella mediazione non ha potuto portare a casa rispetto al fronte del “no”, riguarda: il carcere duro per le persone, per i dirigenti che si sono macchiati di reati molto gravi, che continueranno a non andare in carcere;  un’altra cosa che non è stata raggiunta è sull’eleggibilità di questi leader delle Farc che, anche se macchiati di reati gravi, nelle prossime elezioni potranno essere candidati al Parlamento. Ricordiamo che gli accordi prevedono 5 seggi garantiti al Senato e 5 seggi garantiti alla Camera, a prescindere dal risultati, quindi sostanzialmente i dirigenti delle Farc diventerebbero tutti parlamentari con l’immunità. Sono fondamentalmente questi due i punti, c’è ne è un terzo,  ossia che i reati collegati al narcotraffico non sono stati totalmente stralciati, resta cioè a discrezione del giudice collegarli o no agli altri reati. Sono questi i punti centrali per il fronte del “no”, sui quali il nuovo accordo ha sorvolato, è quindi ovvio che sia molto difficile che un gruppo come le Farc, che sta negoziando, possa accettare che i suoi dirigenti vadano in galera il giorno dopo aver firmato l’accordo. Perché, sostanzialmente, se passassero tutte le richieste del “no”, le Farc si auto-condannerebbero ad andare in galera, come dirigenti.

D. – Oggi, se si dovesse tornare al referendum, i cittadini cosa sceglierebbero?

R. – I cittadini si sono spaventati del risultato. C’è stato un ripensamento successivo, ma quello che è stato chiaro fin dal primo momento è che i cittadini non erano contrari alla pace, ovviamente, ma erano contrari all’accordo così come era formulato. E da questo punto di vista, la vittoria del “no” , e la successiva modifica degli accordi, hanno mostrato che effettivamente l’Accordo avrebbe potuto essere un po’ meno vantaggioso per le Farc di come era stato proposto. Detto questo, la sensazione che prevale in Colombia, a questo punto, è la preoccupazione, perché la Colombia è il Paese americano con l’economia più dinamica, con un grande tasso di crescita, gli accordi avevano ovviamente ulteriormente entusiasmato gli investitori internazionali. Portare avanti una conflittualità di questo tipo, sicuramente non fa bene al Paese. Quindi, fermo restando che ai colombiani non sono simpatici i leader delle Farc, arrivati a questa seconda ipotesi di accordo, molto ragionevolmente dovrebbero essere soddisfatti, almeno una buona parte di chi ha votato “no” alla prima tornata. Se si capisce che non ci sono i numeri per avere una convalida di questo accordo in Parlamento, l’ultima carta che rimane è sicuramente quella del referendum, rifacendosi ai cittadini e soprattutto sapendo che se, ancora una volta, si votasse per il “no”, gli accordi salterebbero definitivamente e, quindi, la guerra potrebbe ripartire. Questo, in Colombia, non lo vuole nessuno.








All the contents on this site are copyrighted ©.