2016-11-18 10:40:00

Primo Festival della Comunicazione Sociale a Milano


Un mese dedicato alla sostenibilità e sul ruolo principale della comunicazione come mezzo per coinvolgere le persone, questo il fulcro del primo Festival della Comunicazione Sociale a Milano, promosso da Pubblicità Progresso. Mostre, convegni, eventi e seminari tematici si avvicendano fino al 30 novembre per accostare studenti, imprese, operatori del settore e non, ai moderni linguaggi e agli strumenti adatti ad innovare l’informazione. Le nuove tecnologie si mostrano alleati fondamentali per concepire oggi campagne di sensibilizzazione innovative. Inoltre, la formazione mirata e tesa al pubblico giovanile deve necessariamente viaggiare sul web e i social. A spiegare l’evoluzione della comunicazione e la sua struttura Alberto Contri, presidente di Pubblicità Progresso, nell’intervista di Sabrina Spagnoli:

R. – Nel nostro Paese la storia della comunicazione sociale coincide, in realtà, con quella di Pubblicità Progresso che, dal 1971 in poi, ha cominciato a fare una volta l’anno delle campagne sociali importanti sui temi più diversi. Poi da circa 15 anni a questa parte hanno cominciato a produrre comunicazione sociale le Onlus, le varie organizzazioni non governative… L’evoluzione in Italia è una evoluzione ancora piuttosto limitata rispetto all’evoluzione che sta subendo la comunicazione sociale nel resto del mondo, perché è ancora molto legata al concetto che la comunicazione sociale, che va a favore di motivazioni sociali, benefiche, raccolte fondi o iniziative per le più diverse Onlus, debba avere un linguaggio pietistico, molto triste, commovente al massimo; quando invece stiamo assistendo al fatto che nel mondo i linguaggi si stanno adeguando moltissimo e addirittura si usa l’ironia per far riflettere su tematiche molto difficili come la disabilità grave, addirittura la violenza alle donne, la prevenzione degli incidenti stradali… Questo è il motivo per cui Pubblicità Progresso si è trasformato in un centro permanente di formazione alla comunicazione sociale.

D. – Come dovrebbe strutturarsi un piano di comunicazione sociale efficace? Quali strategie, quali strumenti?

R. – Non esistono differenze tecniche fra la comunicazione sociale e commerciale: la comunicazione commerciale vende dei prodotti; la comunità sociale vende delle motivazioni a mettere in campo determinati comportamenti. Quindi tecnicamente si usano gli stessi mezzi; mezzi che negli ultimi 20 anni sono cambiati moltissimo, perché sono entrati in campo i social network, i blog, il web: quindi oggi una comunicazione sociale è efficace se porta a dei risultati, perché deve portare dei cambiamenti concreti nelle persone, che sia la raccolta differenziata o l’invito a trattare meglio le persone. Una parte – oramai un 60 per cento – è fatta di tutti i nuovi strumenti che ci vengono messi a disposizione dei nuovi media e quindi Facebook, Google, tutte i flash mob, gli eventi virali…

D. – Quali sono in Italia le mancanze degli operatori del settore nel divulgare messaggi sociali?

R. – Le mancanze – per quel che riguarda le Onlus – sono soprattutto di carattere economico per un verso, perché non hanno abbastanza soldi e risorse per produrre comunicazione di qualità, e anche di competenze tecniche dall’altro. Questo è il motivo per cui tutti gli anni organizziamo dei corsi per le Onlus del settore, in cui insegniamo come si fa la comunicazione sociale. Per quello che riguarda le istituzioni purtroppo – e questo è il caso del Fertility Day – c’è il problema che la Pubblica Amministrazione non mette dei competenti della comunicazione, ma o degli avvocati o addirittura i capi uffici degli acquisti, che comprano la comunicazione al prezzo più basso e non riguardo al contenuto.

D. – L’utilizzo della comunicazione sociale per promuovere un brand è responsabilità intrinseca dell’azienda o mera strategia di marketing?

R. -  Questa è una domanda interessante, perché ultimamente c’è un trend emergenze che riporta la responsabilità sociale dell’impresa al suo concetto originario: buoni prodotti, buoni servizi, attenzione ai dipendenti, attenzione ai consumatori, attenzione all’ambiente. Ci sono aziende che hanno fatto il cosiddetto “greenwashing”, si rifanno cioè una reputazione dopo aver messo in atto dei comportamenti scorretti; e, invece, cominciano ad esserci anche molte aziende che fanno ed usano addirittura - in senso buono - i valori sociali per promuovere i loro prodotti: è il caso Procter & Gamble, con la campagna “Thank you, Mom”; le campagne di diverse birre per il bere responsabile… Stiamo assistendo a questo fatto molto interessante. Naturalmente sono temi che vanno trattati con molta delicatezza.








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