La legge della Chiesa non può prescindere dal fondamentale principio della salvezza delle anime, un principio che sovrasta il Codice di diritto canonico come legge suprema e come valore che supera il diritto stesso, indicando così l’orizzonte della misericordia: così il Papa nel suo discorso ai vescovi che hanno partecipato al Corso di formazione (17-19 novembre) sul nuovo processo matrimoniale, organizzato dal Tribunale Apostolico della Rota Romana, nel Palazzo della Cancelleria. Non siano mai considerati estranei al Corpo di Cristo quanti vivono il fallimento coniugale: questa l’esortazione di Francesco. Il servizio di Cecilia Seppia:
“Fedeltà all’annuncio evangelico”, ma anche capacità di “attualizzare il messaggio di Gesù”, per rispondere in modo concreto e non decorativo ai bisogni e alle domande dell’uomo di oggi. Così il Papa, incontrando i vescovi alla Rota Romana, ricorda il fine ultimo della legge della Chiesa e, citando la Prima Lettera di Pietro, rinnova loro l’impegno a tener fede, con spirito di servizio, alla grande responsabilità a cui sono stati chiamati: pascere il gregge non perché costretti, ma volentieri, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non, infine, come padroni delle persone, ma come modelli da seguire: “In tale prospettiva, occorre eliminare con decisione ogni impedimento di carattere mondano, che rende difficile a un largo numero di fedeli l’accesso ai Tribunali ecclesiastici. Questioni di tipo economico e organizzativo non possono costituire un ostacolo per la verifica canonica circa la validità di un matrimonio”.
La salvezza delle anime, fine ultimo della Legge della Chiesa
“Nell’ottica di un sano rapporto tra giustizia e carità”
– afferma Francesco – anche i Tribunali ecclesiastici non possono prescindere da quella
che è "la legge suprema della Chiesa", il bene più grande: “la salvezza delle anime”.
E questo deve essere anche l’obiettivo del Codice di Diritto Canonico, “la parola
finale che supera il diritto stesso”, “indicando l’orizzonte della misericordia”.
Nessuno sia considerato estraneo alla Chiesa
La Chiesa è madre che accoglie e ama tutti. Che si
incarna nelle vicende dolorose della gente, si china sui poveri, sui lontani e su
quanti si considerano esclusi dalla comunità ecclesiale a causa del loro fallimento
coniugale. Pertanto - sostiene il Pontefice – nessuno di questi fratelli feriti deve
essere “considerato estraneo al Corpo di Cristo, che è la Chiesa”: “Siamo chiamati a non escluderli dalla nostra ansia pastorale, ma a dedicarci
a loro e alla loro situazione irregolare e sofferta con ogni sollecitudine e carità”.
Ascoltare il grido di chi cerca verità nel matrimonio
Ai vescovi presenti, provenienti da diversi Paesi
e contesti culturali e alle prese con sfide innumerevoli, il Papa chiede di far tesoro
di quanto appreso in questi giorni, per poter “svolgere con più efficacia” il proprio
ministero, soprattutto per quanto riguarda “il nuovo processo matrimoniale”, con la
ricerca di soluzioni e “provvedimenti non sempre facili”. “Confidate nell’assistenza indefettibile dello Spirito Santo, che conduce invisibilmente
ma realmente la Chiesa. Preghiamolo perché aiuti voi e aiuti anche il Successore di
Pietro a rispondere, con disponibilità e umiltà, al grido di aiuto di tanti nostri
fratelli e sorelle che hanno bisogno di fare verità sul loro matrimonio e sul cammino
della loro vita”.
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