2016-11-18 11:57:00

Fisichella: Giubileo ha rimesso la misericordia al centro della Chiesa


Il Giubileo straordinario della Misericordia si chiude con un bilancio assolutamente positivo: è il giudizio di mons. Rino Fischella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Ascoltiamolo al microfono di Hélène Destombes:

R.  – In eredità credo che lasci la grande gioia innanzitutto provocata dal mettere di nuovo al centro della vita della Chiesa la misericordia. La  misericordia è innanzitutto fonte di gioia e in un momento così forte di incertezza, di precarietà, del non sapere quale sarà il prossimo futuro, avere la certezza di una speranza cristiana con la quale Dio viene incontro e non ti lascia mai solo, non ti abbandona, ma ti dà la consolazione della sua presenza e della sua vicinanza, credo che sia qualcosa che rimarrà ancora per lungo tempo nel cuore delle persone.

D. – Ci sono stati diversi Giubilei con delle tematiche precise durante tutto quest’anno: quali sono stati i momenti più forti?

R.  – Ma certamente i volti della Misericordia sono tanti, non si possono contare. Direi che i segni più visibili di questa testimonianza sono quelli che in qualche modo sono diventati tangibili nei Venerdì della Misericordia. Papa Francesco, infatti, ha voluto dare dei segni, però sono dei segni che hanno toccato nuove povertà: penso al Papa che visita delle persone, dei giovani anche, che vivono in stato vegetativo e che la società di oggi rifiuta, non vuole neppure sapere della loro esistenza; penso al Papa che va in un hospice e, camera dopo camera, accarezza e abbraccia persone che nel giro di qualche giorno lasceranno questo mondo per l’incontro con il Signore, in una cultura che non vuole pensare alla morte o che relega la morte soltanto a una fiction… Sono tutti questi segni che a mio avviso scuotono, da una parte, una coscienza tiepida e indifferente e, dall’altra, però mostrano anche il grande impegno che tocca a ciascuno di noi.

D. - Si può dire che Papa Francesco con quest’anno ha voluto risvegliare la Chiesa e darle un nuovo impulso mettendo in luce la sofferenza del corpo e dell’anima, chiamando alla conversione dei cuori?

R. – Per il programma pastorale di Papa Francesco è sufficiente riprendere tra le mani l’Evangelii gaudium, dove la parola di conversione pastorale è all’ordine del giorno. La conversione pastorale è realmente un segno concreto di come la Chiesa senta il bisogno di mettersi in moto: cioè abbandonando sovrastrutture ormai incoerenti con il momento storico che viviamo e quindi abbandonare anche, soprattutto nell’Occidente, quelle forme di comodità o quelle forme di estrema organizzazione con le quali pensiamo di convertire i cuori. I cuori non si convertono con le sovrastrutture e neppure con ingenti risorse umane: il cuore lo si converte se c’è un annuncio credibile e se questo annuncio è accompagnato da uno stile di vita che è coerente. Quindi, la capacità che la Chiesa oggi si ritrova dinanzi è quella di "uscire", come dice Papa Francesco: cioè l’esigenza di non rimanere arroccata in quelle sicurezze di muraglie cinesi – che, ribadisco, soprattutto nell’Occidente le hanno dato false garanzie - ma invece di ripercorrere la strada di un cammino per incontrare personalmente chiunque si avvicini. E incontrando persone diverse deve sempre essere capace di dare credibilmente l’annuncio della Risurrezione di Gesù.








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