2016-11-18 13:41:00

Esplode autocisterna: è strage della disperazione in Mozambico


È strage della povertà in Mozambico: almeno 73 persone sono morte e 110 sono rimaste ferite mentre pare stessero cercando di estrarre carburante - per poi rivenderlo - da un’autocisterna che aveva avuto un incidente stradale, quando questa è esplosa. È accaduto ieri nei pressi di Caphiridzange, nella remota provincia occidentale di Tete. Il camion era partito dal porto di Beira, diretto in Malawi. Il governo di Maputo ha aperto un’inchiesta sulla vicenda, la cui dinamica non è ancora del tutto chiara. Per avere notizie di quanto accaduto e parlare della situazione di uno dei 15 Paesi più poveri al mondo, Roberta Barbi ha raggiunto telefonicamente in Mozambico padre Giancarlo Faedi, missionario della Consolata:

R. – Noi sinceramente siamo un po’ lontani da Tete. Abbiamo visto la televisione, ascoltato la radio e avuto notizie da diverse persone: ad esempio, qui in comunità, abbiamo una suora che in questo gravissimo incidente ha perso la zia, una zia che aveva una bancarella vicino al luogo dell’incidente; è esplosa l’autocisterna ed è esplosa anche la bancarella, uccidendo pure la donna. Sarebbe stato un incidente: il signore che aveva questo camion con il rimorchio dice che c’è stato uno scontro e lo scontro ha causato l'incendio; ma altre versioni che dicono che questo signore - che portava il camion pieno di benzina e di gasolio - ha deviato la strada, si è fermato in un sentiero a 500 metri dalla strada per vendere gasolio, per rubare gasolio a se stesso, cioè al camion. Mentre vendeva, sembra che il camion-rimorchio si sia incendiato e la gente ha continuato ad attingere il gasolio dalla cisterna; c’è stata poi l’esplosione ed è morta tanta gente…

D. – Purtroppo non è il primo episodio del genere: il furto di carburante funesta spesso l’Africa a causa della povertà della popolazione. Di recente il governo del Mozambico ha aumentato il prezzo del carburante, in seguito a una svalutazione della moneta locale. Questo ha peggiorato la situazione?

R. – Non tanto l’aumento del prezzo della benzina e del carburante, quanto l’aumento del costo della vita in generale. Il carburante è aumentato del 10 per cento appena, mentre la vita è aumentata del 100-150 per cento: se in gennaio un operaio, che prendeva i suoi 4.500 metical al mese, poteva comperare quattro sacchi e mezzo di riso, perché ogni sacco di riso costava mille, con l’aumento del salario in maggio del 7 per cento adesso ne compra solo due di sacchi di riso, forse due e mezzo.

D. – Il Mozambico è uno dei Paesi più poveri al mondo, che non riesce a risollevarsi a quasi 25 anni dalla fine della guerra civile. Com’è la situazione reale?

R. – È un Paese che, in questi ultimi anni, si stava svegliando da una guerra che lo aveva distrutto e stava riprendendosi anche un’economia abbastanza forte, grazie anche ad aiuti non indifferenti dall’estero, dall’Europa, dagli Stati Uniti, dalla Cina. Poi è successo questo: il governo passato sembra che abbia 'ripulito' le casse delle Stato e allora l’Europa e il Fondo Monetario Internazionale hanno chiesto conto di dove e come siano stati spesi i soldi e c’è una non risposta da parte del governo attuale, il quale dice: “Non sappiamo e non possiamo darvi risposta”. Per cui l’Europa ha chiuso i rubinetti e, non arrivando più soldi dall’Europa, anche il Fondo Monetario Internazionale lo ha fatto e il governo attuale si è trovato con le casse vuote. Non solo, ci sono anche le risorse che noi abbiamo: noi abbiamo, ad esempio, il carbone nella regione di Tete, dove è successo il disastro, e due grandi multinazionali avevano cominciato a sfruttare il carbone, credendo fosse di prima categoria. Poi, però, il carbone non è risultato di questa qualità e il mercato, in questi ultimi tempi, è andato giù e queste due grandi imprese multinazionali hanno chiuso i battenti e sono andate via.

D. – La Chiesa è in prima linea in Mozambico. Voi missionari della Consolata cosa fate di concreto per la popolazione tutti i giorni?

R. – Noi viviamo giorno per giorno. La Chiesa come istituzione e i vescovi sono preoccupati per questa situazione e in gennaio hanno chiesto udienza al Presidente della Repubblica, perché abbiamo anche la guerra e c’è il dialogo per la pace in corso… Noi missionari siamo impegnati un po’ nelle scuole per l’evangelizzazione, nel campo sanitario; siamo impegnati a soccorrere i poveri, per quello che noi possiamo. Siamo piccole gocce nel grande oceano e ci sentiamo un po’ impotenti davanti a questa realtà di povertà, di guerra e di una società che praticamente invece di andare avanti sembra andare indietro. Ma continuiamo ad esserci.








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