2016-11-17 14:21:00

Yemen. Giallo su tregua annunciata dagli Usa e smentita da Hadi


Il segretario di Stato americano John Kerry, al termine di una visita negli Emirati Arabi Uniti, aveva annunciato ieri la firma di una tregua per il conflitto in Yemen che, entro la fine dell’anno, avrebbe portato alla formazione di un governo di unità nazionale. La notizia – accolta con grande favore dall’Iran – è stata però poi smentita dal governo filo-saudita del presidente Abd Rabbo Mansour Hadi. Per capire meglio la situazione nel Paese arabo, Roberta Barbi ha intervistato l’analista dell’Ispi, esperta dell’area, Eleonora Ardemagni:

R. – Già in passato c’erano stati dei colloqui informali tra la fazione degli Houthi e di Saleh con l’Arabia Saudita, scavalcando il presidente Hadi. Si era trattato di colloqui informali per mettere in sicurezza il confine tra Yemen e Arabia Saudita. Questo era accaduto qualche mese fa e per un po’ di settimane la guerriglia lungo il confine tra i due Paesi era diminuita, così come erano diminuiti i lanci di razzi della fazione sciita in territorio saudita. La novità di questa trattativa è che per la prima volta, in maniera più formale, gli Houthi e l’Arabia Saudita parlano direttamente e, in modo esplicito, pubblico, il governo ad interim del presidente Hadi viene scavalcato. Questo delegittima ulteriormente il suo ruolo, ma potrebbe paradossalmente portare a una situazione di svolta proprio perché i due attori che in questo momento possono creare un cambiamento nel conflitto sono proprio i sauditi e gli Houthi.

D. - Più volte si è palesata l’ipotesi di un governo di unità nazionale, ma il nodo da sciogliere è sempre la partecipazione dei ribelli sciiti Houthi…

R. - Il governo di unità nazionale - secondo il piano di cui si era parlato qualche settimana fa, il piano che l’inviato dell’Onu aveva proposto - dovrebbe portare a un 'accantonamento' del presidente Hadi che dovrebbe essere sostituito da un vicepresidente, il quale dovrebbe nominare appunto il governo di unità nazionale. Da sempre, Hadi non è riuscito a trovare sostegno sul campo da parte delle tante milizie, prevalentemente sunnite, che si oppongono all’avanzata dei ribelli sciiti, ma che in realtà non sostengono la sua presidenza né un’ipotesi di Yemen unito nel futuro.

D. - Il governo yemenita attualmente in carica, riconosciuto dalla comunità internazionale, in passato ha rifiutato una bozza di accordo proposta dalle Nazioni Unite, giudicata troppo favorevole agli insorti…

R. - Nelle ultime settimane l’inviato dell’Onu è stato criticato sia dalla fazione sciita sia dai filogovernativi. Forse questo è un buon segno, nel senso che le Nazioni Unite stanno cercando di mediare davvero tra le due parti, ma in realtà John Kerry, ancora una volta, si è appoggiato - nei colloqui che ci sono stati in questi giorni  - sull’Oman, un Paese chiave per provare a risolvere la crisi yemenita. Ed è proprio in Oman che sono avvenuti i colloqui tra la fazione degli Houthi alleata con Saleh e i sauditi.

D. - Inquadrando il conflitto in Yemen nell’area, il recente compromesso per l’elezione del presidente libanese può aprire uno spiraglio alla pace?

R. - In realtà il compromesso all’elezione del presidente libanese ha ulteriormente ridotto l’influenza dell’Arabia Saudita in Libano e quindi, a livello regionale, l’Arabia Saudita ha avuto l’ennesima prova che sono gli iraniani, in questa fase, ad avere le carte più favorevoli per giocare nella regione. Infatti il possibile riflesso sullo Yemen è che forse, scavalcando Hadi, i sauditi possono provare a trovare un punto di accordo, un punto di sintesi con gli Houthi per un governo, ma mi chiedo se i sauditi possano davvero rinunciare, per esempio, alla capitale Sana’a che in questo momento è ancora sotto il controllo della fazione sciita.

D. - Dopo l’accordo sul nucleare iraniano, gli analisti si interrogavano sulla solidità dell’appoggio Usa all’Arabia Saudita. Ora, con il cambio alla Casa Bianca, che cosa si profila all’orizzonte?

R. - L’elezione di Trump alla presidenza americana è una grande incognita in particolare per le monarchie del Golfo. Dall’altra parte, le alleanze regionali dell’Arabia Saudita sono sempre più incerte perché ad esempio l’allontanamento politico tra l’Arabia Saudita e l’Egitto è sotto gli occhi di tutti. L’Arabia Saudita sta cercando di stringere, invece, una relazione più forte dal punto di vista militare con la Turchia proprio per provare a fare fronte comune, marcatamente sunnita, che provi a contenere l’Iran in un Medio Oriente che potrebbe diventare sempre più imprevedibile e che quindi potrebbe forzare i sauditi a fare da soli anche dal punto di vista militare.








All the contents on this site are copyrighted ©.