2016-11-15 08:07:00

Trump telefona a Putin e Xi Jinping. Colloqui su terrorismo ed economia


Terrorismo e cooperazione economica, sono i temi al centro dei colloqui telefonici che il neo-Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha avuto con i suoi omologhi cinese e russo, Xi Jinping e Putin. Dal canto suo, il Presidente uscente Obama garantisce: “Trump manterrà gli impegni con Nato e Ue”. Intanto si continua a lavorare per mettere a punto la squadra di governo. Il servizio di Marco Guerra:

I rapporti con Putin sono stati al centro di tutta la campagna elettorale e ieri c’è stato il primo contatto telefonico diretto definito dai toni “cordiali”. I due hanno concordato sulla necessità di organizzare un incontro in tempi rapidi e soprattutto di normalizzare le relazioni tra le due super-potenze. Uno sforzo teso alla comune lotta al terrorismo mondiale e alla ricerca di una soluzione alla crisi siriana. In una nota del Cremlino parla anche dello sviluppo degli scambi commerciali tra i due Paesi. E l’economia è stata al centro dell’altro importante colloquio tra Trump e il Presidente cinese Xi Jinping, anche in questo caso si è condivisa la necessità di un incontro al più presto. Intanto si lavora alla squadra di governo: oggi il vice-Presidente eletto degli Stati Uniti, Mike Pence, è atteso nella Trump Tower di New York, per limare la lista dei papabili ministri. Salgono le quotazioni dell'ex sindaco di New York, Rudolph Giuliani, come prossimo Segretario di Stato. Ed è già polemica per la nomina di Stephen Bannon a primo consigliere (la persona più ascoltata) del Presidente. Insorgono le comunità ebraica e musulmana che lo accusano di aver trasformato il suo sito Breitbart in uno strumento di “propaganda etnica e di nazionalismo bianco”. Eppure i toni più duri della Campagna elettorale di Trump sembrano essere un ricordo. Il neo Presidente ha fatto sapere che L’“Obamacare”  - la riforma sanitaria che dà coperture ai più poveri - non sarà smantellato, e i migranti messicani da espellere sono passati da 11 milioni a 3 milioni. Nel mirino solo i criminali con precedenti penali, membri delle gang  e trafficanti di droga”.

Trump nella sua prima intervista ufficiale come Presidente eletto, alla Cbs, ha ribadito la necessità di un muro lungo i 3mila km di frontiera con il Messico, per fermare l’immigrazione irregolare. Ha comunque ammesso che tale barriera non sarà sempre tecnicamente realizzabile. Ma chi sono i migranti che arrivano negli Usa? Giada Aquilino lo ha chiesto a Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia delle migrazioni all’Università degli studi di Milano e direttore della rivista “Mondi Migranti”:

   

R. – Gli immigrati irregolari che risiedono negli Stati Uniti sono stimati intorno agli undici milioni. Sono leggermente diminuiti soprattutto a motivo della crisi economica – erano arrivati intorno ai dodici milioni – ma rappresentano pur sempre la maggioranza dei messicani che oggi vivono gli Stati Uniti. Un milione sono minori. Molti sono studenti, arrivano alla maggiore età e improvvisamente scoprono di dover imparare a vivere da irregolari. Obama aveva fatto uno sforzo in particolare per regolarizzare questi ragazzi al passaggio della maggiore età. La “Immigration reform” più ampia del Presidente Obama puntava a far entrare nella regolarità i residenti ormai da anni, a volte da decenni: l’immigrazione irregolare è una “irregolarità” che non si sana mai. Va anche detto, però, che la presidenza Obama ha deportato molti immigrati irregolari – 300mila, fino 400mila all’anno – ma negli ultimi tempi aveva cambiato linea vedendo che non serviva: molti deportati rientrano.

D. – Come rientrano?

R. – Il confine tra Stati Uniti e Messico è lunghissimo: molti di questi migranti sono messicani o di altri Paesi dell’America centrale. Attraversare il confine a piedi, attraversare il deserto, è solo uno dei modi: si può entrare con un visto turistico; per cure mediche; per andare a far visita ai familiari che risiedono oltre la frontiera. Si stima che più della metà dei messicani abbia un parente oltre la frontiera: e non si possono impedire gli incontri di famiglia al di là della frontiera. Quindi una persona entra con un permesso di qualche tipo e poi rimane.

D. – Lei ha citato un termine riferibile anche all’amministrazione Obama: “deportare”. Lo ha ripetuto pure Donald Trump. Cosa significa nei fatti?

R. – Le deportazioni appunto non le ha inventate Trump e neanche il muro. Il muro hanno cominciato a costruirlo all’epoca delle Torri Gemelle, quando improvvisamente l’America si è sentita insicura. Sui tremila chilometri di confine con il Messico, più di mille sono vigilati da un qualche tipo di barriera, muro, confine attrezzato o rete metallica. Ecco: “deportare” vuol dire che gli immigrati che vengono sorpresi senza avere i documenti in regola vengono invitati o a lasciare spontaneamente il Paese oppure a seguire una procedura in cui possono anche ricorrere contro l’espulsione, ma rischiano poi dieci anni di veto per il rientro negli Stati Uniti. Gran parte delle espulsioni vengono attuate in pullman: sono certamente meno complicate di quelle che invece attua l’Europa. Con tutto ciò, ci sono 560mila casi pendenti di fronte alle corti degli Stati Uniti, perché molti immigrati irregolari si ribellano, si oppongono all’espulsione. Esistono delle garanzie legali – appunto il diritto di appello – che valgono anche per gli immigrati irregolari.

D. – Al di là di chi pagherà il muro tra Usa e Messico – una questione emersa durante la campagna elettorale – Trump ha ribadito la necessità di questa barriera ma ha ammesso che non sarà sempre tecnicamente realizzabile. Che cosa si può prevedere?

R. – Leggevo recentemente che tutt’ora nell’agricoltura del sud degli Stati Uniti più della metà della manodopera è fornita da immigrati in condizione irregolare. Quindi Trump mette in evidenza un simbolismo, il muro, vuole far vedere ai suoi elettori che usa il pugno duro nei confronti degli immigrati irregolari; poi, tendo a pensare che anche lui dovrà venire a patti con la realtà e non esercitare controlli assai antipatici nei confronti delle famiglie statunitensi che hanno colf immigrate non regolari; dei potenti datori di lavoro agricoli che fanno funzionare le loro colture grazie al lavoro di immigrati irregolari; e di tutti gli altri settori che nel sud degli Stati Uniti prosperano grazie al lavoro dei messicani in condizione irregolare.








All the contents on this site are copyrighted ©.