2016-11-09 13:52:00

Trump alla Casa Bianca: "Sarò il presidente di tutti"


E’ il repubblicano Donald Trump il 45.mo presidente degli Stati Uniti. Questo l’esito della lunga giornata elettorale, che già dagli scrutini dei primi Stati ha messo in evidenza la vittoria del miliardario sulla democratica Hillary Clinton. 290 i gradi elettori conquistati da Trump contro i 218 della candidata democratica. Appello all’unità e alla ricostruzione del Paese tra le sfide evidenziate nelle prime parole del neo eletto capo della Casa Bianca. Il servizio di Giancarlo La Vella:

“I pledge every citizen in our land that I will be the president for all americans …
“Mi impegno con ogni cittadino della nostra terra che sarò il presidente di tutti gli americani”. È un Trump diverso quello che appare agli americani e al mondo pochi minuti dopo l’ufficializzazione della sua elezione a 45.mo presidente degli Stati Uniti. Ringrazia il suo staff, i suoi cari, ringrazia anche Hillary Clinton, avversaria in questa difficilissima campagna elettorale. L’America dunque volta pagina. Trump incassa 290 dei grandi elettori necessari per essere eletto; ben 20 più del necessario, conquistando gli Stati chiave ed ottiene una vittoria nella quale neppure il suo partito repubblicano credeva. Hillary Clinton lo chiama e gli concede la vittoria; questi ricambia congratulandosi a sua volta con lei e lanciando un appello accorato: “È ora di unirci. L’America – promette Trump - deve tornare ad essere il Pase guida del mondo in campo politico, sociale ed economico”. Ma guardando al fronte interno americano, che cosa ha consentito a Donald Trump di battere Hillary Clinton, avendo contro il suo stesso partito repubblicano e il mondo dell’informazione? Sentiamo Paolo Mastrolilli, corrispondente dagli Stati Uniti per il quotidiano La Stampa:

“Donald Trump, sin dal principio, è riuscito a parlare all’America profonda, soprattutto all’America dei bianchi della classe media, dei bianchi senza istruzione universitaria, che hanno visto negli ultimi anni il Paese sfuggire dal loro controllo. Sono stati colpiti dalla crisi economica, dagli effetti della globalizzazione; temono l’immigrazione, temono che le minoranze conquistino il controllo del Paese; pensano anche che gli Stati Uniti si siano indeboliti sul fronte internazionale e che siano minacciati dal terrorismo islamico”.

Il mondo intero guarda al 45.mo presidente degli Stati Uniti con l’incertezza e la curiosità di sapere anche quale sarà la politica estera del magnate, un tema che è rimasto sullo sfondo di questa campagna elettorale. Sentiamo l’americanista Ferdinando Fasce, docente di Storia Americana all’Università di Genova:

"C’è una grandissima incognita, perché Trump ha sottolineato la propria intenzione di rilanciare quello che potremmo chiamare l’unilateralismo statunitense. Trump ha fortemente spinto sull’idea del protezionismo americano, sull’idea del 'facciamo per conto nostro; non rinnoviamo la logica dell’interdipendenza', e poi ancora sul disimpegno in più aree e più in generale, un rapporto di riduzione delle grandi strategie dell’interdipendenza, non senza allentamento delle tensioni sia nei confronti della Russia che nei confronti della Cina".








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