2016-11-07 14:41:00

Siria: offensiva su Raqqa. Guolo: cruciale ruolo di curdi e Turchia


È cominciata l'offensiva verso Raqqa, la “capitale” del sedicente Stato Islamico in Siria. A guidarla, le cosiddette Forze democratiche siriane a maggioranza curda, sostenute dagli Usa e affiancate da ribelli arabi. Emergenza, poi, ad Aleppo, dove almeno 32 persone sono rimaste intossicate nelle ultime ore per un raid aereo con gas cloro sul villaggio di Khan al-Assal, una decina di chilometri a ovest della città. In questo quadro, l’Unicef ancora una volta è tornato a chiedere lo stop degli attacchi contro civili e “infrastrutture che comprendono scuole, asili e parchi giochi”. In Iraq, intanto, prosegue l’operazione per strappare ai gruppi jihadisti anche Mosul, pure se l’avanzata delle forze lealiste è rallentata da kamikaze, cecchini, pozzi di petrolio dati alle fiamme dagli stessi miliziani. In cosa si differenzia l’operazione a Raqqa da quella per Mosul? Risponde Renzo Guolo, docente di Sociologia dell’islam all’università di Padova, intervistato da Giada Aquilino:

R. - L’obiettivo è comune, quello di mettere in crisi i due centri di potere dell’autoproclamato Califfato. In secondo luogo, vi è sicuramente una differenza sul fatto che il ruolo giocato dai curdi nelle diverse situazioni ha implicazioni politiche differenti e ovviamente c’è da tenere conto anche del diverso ruolo che la Turchia vorrebbe assumere nei differenti contesti, nel senso che poi la partita con i curdi sarà quella decisiva nel post-conquista delle due città, irachena e siriana.

D. – Strategicamente cosa significa l’appoggio degli Stati Uniti alle Forze democratiche siriane, a maggioranza curda verso Raqqa?

R. – Significa che difficilmente poi in futuro – così com’è sempre andata in passato – si potrà dire ai curdi: “vi ringraziamo molto, ma non avete alcuna rivendicazione da fare”. È difficile che questa linea possa essere sostenuta a lungo, nel momento in cui i curdi assumono un ruolo così rilevante nella caduta del Califfato e assumono il ruolo di cosiddetti “scarponi sul terreno” per conto della coalizione occidentale.

D. – Al momento la posizione della Turchia qual è?

R. – La Turchia opera perché i curdi non abbiamo una grande influenza dopo e che non si costituiscano entità autonome sia in Iraq sia in Siria - ma soprattutto in Siria, dato che in Iraq già esistono per situazioni precedenti - che poi negli anni prossimi possano diventare il futuro embrione del grande Kurdistan, temuto da tutti ma soprattutto dai turchi, proprio perché questo rispalancherebbe una conflittualità interna che già esiste e che, come abbiamo visto in questi giorni, presenta poi anche tensioni nelle relazioni tra il governo di Ankara e le forze politiche curde presenti nel Paese.

D. – Sul fronte Mosul, l’avanzata delle forze lealiste è rallentata da kamikaze, cecchini, incendi a pozzi petroliferi. A cosa punta il sedicente Stato Islamico?

R. – Sostanzialmente a resistere, a mostrare che l’operazione della riconquista di queste città non sarà così facile. In secondo luogo, inevitabilmente, la sconfitta annunciata a Mosul e a Raqqa tanto più sarà rivendicabile in termini di martirio collettivo, tanto più darà forma in futuro alla possibilità di rifarsi a quel “mito combattente” come esperienza che in qualche modo valeva la pena di essere vissuta. Perché il vero nodo è che lo Stato Islamico, se perderà la sua territorialità come sembra nei prossimi mesi, dovrà ripristinare una capacità organizzativa che prescinda da una dimensione territoriale e su questo inciderà molto anche il fatto di avere una sorta di “mito sacrificale” da spendere.








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