2016-11-01 11:00:00

Nuove forti scosse in Centro Italia, a Norcia arrivano le tende


Non smette di tremare la terra nel Centro Italia. Dopo il forte evento di domenica mattina, prosegue lo sciame sismico: 1.100 le scosse registrate dai sismologi, la più forte questa mattina alle 8.56 di magnitudo 4.8, avvertita nuovamente in Abruzzo e a Roma. Intanto a Norcia, la città più colpita, arrivano le prime tende; i container entro Natale. L’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia informa: ci sono deformazioni per 130 km quadrati; il suolo si è abbassato di circa 70 cm. Il servizio di Roberta Barbi:

Non c’è tregua per le popolazioni terremotate: questa mattina una nuova forte scossa con epicentro in provincia di Macerata, tra i Comuni di Acquacanina, Fiastra e Bolognola è tornata a spaventare le persone già molto provate. Il nuovo sisma, avvertito fino a Perugia, nel Teramano e a Roma, ha causato ulteriori crolli a Visso e Ussita, e la chiusura della provinciale 47. Raso al suolo, il paese di Castelsantangelo, mentre i livelli del fiume Nera, sorvegliato speciale di questi giorni, non sembrano preoccupanti.

Intanto a Norcia sono arrivate le prime tende completamente riscaldate che stasera ospiteranno oltre 300 persone, due cucine da campo e una grande mensa, ma seguiranno altre strutture messe a disposizione dalla Protezione Civile. Scarsa, finora, l’affluenza delle persone, che hanno preferito ancora trascorrere la notte in auto. Un’altra tenda, della capacità di 120 posti letto, è stata montata oggi dall’Esercito a Visso, dove sono arrivati anche i container con le docce. In questo modo, però, le autorità rispondono alle proteste di ieri dei cittadini che non volevano allontanarsi dalle loro case inagibili: “Non vogliamo deportare nessuno”, aveva detto il commissario straordinario per la ricostruzione, Vasco Errani, precisando che ora si dovrà lavorare per stabilire dove mettere le casette, i container che il presidente del Consiglio Renzi ha promesso arriveranno entro Natale grazie a uno stanziamento straordinario di 40 milioni di euro che sarà approvato in decreto entro 72 ore. “Servono aree per l’urbanizzazione – ha aggiunto Errani – questi sono territori di montagna, soggetti a frane, ma le casette assicureranno una qualità della vita accettabile”.

La strada scelta è, dunque, quella della collaborazione senza soluzioni calate dall’alto, ma sulla polemica in merito alla bocciatura della manovra da parte di Bruxelles è arrivato anche il commento del cardinale Bagnasco, presidente della Cei: “La situazione dell’Italia è evidente a tutto il mondo – ha detto – non si può assolutamente chiudere gli occhi, non vedo populismi radicati su questa tragedia umana”. Il porporato, che tornerà a visitare le zone terremotate il 9 novembre prossimo, ha rivolto un pensiero agli sfollati e parlato delle numerose chiese crollate: “Sono il cuore della gente perché sono la loro casa spirituale, la loro identità, simbolo e luogo dei loro affetti più cari”, ha detto.

Mentre sono migliaia gli sfollati marchigiani ospitati sulla costa adriatica, sale a 700 il numero degli umbri trasferiti nelle strutture del Trasimeno e del Perugino; a Norcia, intanto, in arrivo anche una nuova colonna mobile con medicinali, generi alimentari e di conforto per la popolazione che intende restare e il sindaco fa sapere che tutte le frazioni sono state raggiunte, con l’invio di pullman riscaldati per gli allevatori che hanno gli animali da accudire. Anche alcuni negozi, questa mattina, hanno riaperto. Nel centro storico, infine, è tornata ad accendersi l’illuminazione pubblica: un gesto apparentemente piccolo, ma molto importante per una città che nonostante tutto, resiste. 

Norcia è un cumulo di macerie: “ricostruiremo tutto ma ora i cittadini devono essere messi al sicuro”, spiega il sindaco Nicola Alemanno. Pochi quelli che si sono allontanati, in 300 sono nella tendopoli allestita dal Comune. Chi non lascia la sua comunità intanto è il parroco, don Marco Rufini, che ha visto crollare la Cattedrale di S. Maria. Condivide tutto con i fedeli anche il dormire in macchina. Sentiamo la sua testimonianza al microfono di Gabriella Ceraso:

R. – Adesso, qui, le cose un po’ si complicano perché per provvedere all’emergenza immediata molte persone sono state trasferite: già ieri sono partite 400 persone, che sono state spostate negli alberghi più lontani, nel nord dell’Umbria; abbiamo anche spostato don Antonio, che è un sacerdote che ha 86 anni, e don Salvatore che è un eremita urbano, sia per la loro incolumità, sia anche per stare vicini a queste persone che stanno, in questo momento, a tre ore e mezzo di viaggio da qui. E questo per continuare ad essere presenti nella comunità. Adesso qui la situazione è tutta in divenire, perché è qualcosa di fronte a cui credo ci siamo trovati nell’immediato sguarniti. C’è anche poca chiarezza di azione … ho fatto un giro di 18 frazioni: ormai sono rimaste pochissime persone nei paesi; diverse di loro hanno espresso la volontà di trovare un riparo più sicuro, anche perché spesso ci sono situazioni di anziani, a volte di persone disabili… Qui ormai l’ospedale è chiuso, perché inagibile: funziona solo il Pronto Soccorso… E’ una situazione veramente complessa!

D. – Lei condivide anche il dormire in macchina con i suoi parrocchiani…

R. – Lo faccio anche per scelta, per stare vicino a queste persone. Credo che siano la cosa più importante: le chiese di Norcia sono crollate tante volte, ma le hanno rimesse in piedi le persone! E se crollano le persone, non ci sarà nessuno che rimetterà in piedi le chiese.

D. – Che cosa si prova ad aver abitato una Cattedrale, una Casa del Signore, e poi non trovarla più, vederla in macerie?

R. – Credo che sia importante sottolineare questo: la Casa di Dio non sono le mura, sono le persone! E’ di fronte a questa popolazione in ginocchio che bisognerebbe mettersi in ginocchio. Credo che sia questa la cosa più importante: lavorare sul quell’edificio che è fatto dalle pietre vive.

D. – C’è anche il timore che nessuno venga più a Norcia per paura di non trovare più quello che si cercava, dal punto di vista anche turistico?

R. – Questa è una previsione difficile da fare. Io credo che questa crisi sismica un giorno dovrà finire… E se si lavorerà bene, anche da questo punto di vista, chi vuole bene a questi territori non smetterà di volergli bene. I modi, le modalità, questi si vedranno; anche come garantire la sicurezza, perché anche questo è importante. Però credo che chi è che ama questi territori non smetterà di volergli bene: di solito ad una mamma malata si vuole ancora più bene.

D. – Lei ha pregato davanti alla sua cattedrale distrutta e, quando lo ha fatto, posso chiederle cosa ha chiesto?

R. – In quel momento la prima cosa che ho pensato è stato un pensiero di terrore, perché ho pensato: “Non so quanti, ma questa volta i morti non ce li salva nessuno!”. Quando poi nell’arco della mattina si è chiarito il fatto che non ci fossero morti, quando mi sono assicurato che le monache stavano in salvo, che tutti quanti fossero in salvo, l’unica cosa che ho pensato in quel momento è stato “Grazie Signore!”, perché può far gridare al miracolo il fatto che nessuno si sia fatto male seriamente. 

Un territorio ricco e ora piegato dal sisma: è quello delle Marche e delle cooperative sociali e agricole, 15 in tutto, monitorate da Confcooperative. I problemi e le necessità più urgenti nelle parole del presidente Massimo Stronati al microfono di Gabriella Ceraso:

R. – Ci sono tante, tante persone che sono senza una casa, a prescindere dal fatto delle attività che svolgono – e le attività ci coinvolgono – è già questo un primo discorso. Dal punto di vista dell’economia, noi abbiamo dei problemi con le cooperative sociali che hanno dovuto trasferire gli ospiti delle case di riposo, però grazie a Dio è tutto a posto, non ci sono feriti, da questo punto di vista siamo abbastanza soddisfatti. Altre preoccupazioni le abbiamo nel settore agricolo per il tessuto economico, fatto di tante micro-attività: purtroppo – come si dice – piove sul bagnato, perché già dal 24 non si era nemmeno messo mano a riprendere bene e quindi, oggettivamente, da l'altro ieri mattina alle 7.40 c’è una fotografia con tinte ancora più scure.

D. – E’ un territorio a livello di produzione – parliamo di terreno, di animali – di che tipo?

R. – Ci sono delle produzioni agroalimentari tipiche, come quella della lenticchia; poi ci sono attività zootecniche riferite al latte e poi la conduzione agricola di terreni, soprattutto per foraggi della melica. E’ una produzione quasi alto-collinare di campagna.

D. – C’è una difficoltà a continuare la propria attività o ci sono altri problemi ?

R. – E’ un problema soprattutto viario, legato alle strade, alla possibilità di portare i prodotti fuori.Questo è già uno dei principali problemi. Poi, oggettivamente, finita la paura, vedremo come fare meglio. Sono stato già in sede regionale di Confcooperative a tenere dei contatti con le cooperative: non abbiamo grosse preoccupazioni, come è successo magari in altre situazioni per il ritiro del prodotto, però ci sono queste problematiche relative alle vie, relative anche alla paura di ricominciare qualcosa.

D. – Dal punto di vista del rapporto con governo e istituzioni, ci sono stati contatti, c’è stata la necessità di chiedere aiuto, avete avuto supporti o no?

R. – Abbiamo avuto la Regione che ci ha chiamato per ben due volte, però molto è organizzato e orchestrato dal governo centrale. Quindi, anche l’assessorato che convoca, ci sentiamo, ci coinvolge, ecco.

D. – A oggi quante persone o quante realtà monitorate nelle Marche?

R. – Oggi in quella zona, tra cooperative sociali e cooperative agricole sono una quindicina, quindi non sono tante, ma sono 15 che teniamo sotto controllo.

D. – Il suo augurio e le sue idee per i prossimi mesi, a livello di urgenze, quali sono?

R. – La prima cosa che dico è che bisogna portare serenità. Poi incominciare a organizzare le prime attività; portarli nella tranquillità vuol dire anche dar loro un sostegno non solo economico e anche morale, ma soprattutto dar loro una casa. Questa è la cosa fondamentale.








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