2016-10-28 13:40:00

Siria: ancora raid su Aleppo. Unicef: bombe su bambini innocenti


In Siria i ribelli nelle ultime ore hanno lanciato un’offensiva sulla martoriata città di Aleppo, mentre a margine di un incontro a Mosca il ministro degli Esteri di Damasco, Walid Muallem ha proposto un nuovo cessate il fuoco per ragioni umanitarie. Sullo sfondo rimane il “no” del Cremlino. Intanto il Segretario generale dell'Onu, Ban Ki-Moon, chiede un'indagine immediata sull'attacco alle scuole in Siria, nell’ultimo raid ad Idlib sono morti 22 bambini e 6 insegnanti. Su questa drammatica vicenda Clarissa Guerreiri ha intervistato Andrea Iacomini, portavoce dell'Unicef:

R. – Aerei, raid, si alzano in cielo e bombardano bambini innocenti che escono da scuola … Il dramma che è accaduto nei pressi di Idlib, 50 km da Aleppo, è veramente senza precedenti perché mentre i bambini cercavano di uscire da scuola, accompagnati dagli insegnanti proprio per sfuggire ai raid, sono stati bombardati, e ne sono morti 22; altri due raid ne hanno uccisi ancora altri … E’ una situazione veramente incresciosa e incredibile di una guerra che sembra non finire mai.

D. – In che modo state intervenendo sul territorio?

R. – Noi siamo presenti in tutto il territorio siriano attraverso tutte le nostre postazioni, il nostro staff; siamo presenti, naturalmente, nella città di Aleppo e in tutte le altre 20 città sotto assedio. Portiamo aiuti di ogni tipo: dall’acqua, che è il bene principale necessario, alle vaccinazioni imponenti che abbiamo realizzato in Siria in queste settimane e in questi anni, passando per i kit igienico-sanitari o tutto quello che riguarda il tentativo di riportare i bambini a scuola. Certo che poi accadono fatti come questo … ci sono due milioni di bambini fuori dall’istruzione, un milione che rischia addirittura l’abbandono scolastico: il quadro è veramente senza precedenti. Ma noi, insieme al nostro team, non ci fermiamo: continuiamo ad assistere la popolazione il più possibile, grazie anche alle ong locali che ci supportano, in questo momento.

D. – Come sarà possibile uscire da questa crisi?

R. – A vedere quello che accade intorno a noi, sembra impossibile. Invece noi dobbiamo credere in uno sforzo da parte della comunità internazionale, di queste classi dirigenti che governano il mondo, che in qualche modo riescano a prendere una decisione … Io credo che il non portare la pace in questo conflitto sia il fallimento di una generazione di politici, di diplomatici, di uomini che dovrebbero invece cercare di fare di tutto per portare la pace. La pace, però, purtroppo ha un problema: implica il fatto di trovare delle soluzioni. E siccome, purtroppo, non ci sono soluzioni da sottoporre ai cittadini, da sottoporre alla popolazione ormai stremata – voglio ricordare che in Siria oltre cinque milioni e mezzo di persone che sono fuggite dal Paese, che ci sono oltre 500 mila morti e il numero dei bambini uccisi da questo conflitto è aumentato drammaticamente – ecco, la situazione è talmente tragica che dovrebbe far pensare che è arrivato il momento – ma quanto tempo è che lo stiamo dicendo? – di migliorare la situazione. Certo è che ci auguriamo – e le nostre speranze sono rivolte agli Stati Uniti, perché questo momento è vacante per quanto riguarda l’America – che con la nuova presidenza si apra anche una nuova stagione che consenta di aprire un dialogo nuovo e diverso. Ma le forze in campo sono tante, forse troppe; gli interessi di nazioni che non sono la Siria sono tanti: questa non è la guerra dei siriani, l’ho detto e ripetuto mille volte. Questi Paesi sono quelli che devono trovare la soluzione.

D. – Qual è il suo appello?

R. – Il mio appello è alle generazioni future; agli italiani, a tutti i cittadini: noi chiediamo naturalmente di finanziare le nostre attività in Siria per non lasciare da sole queste popolazioni, ma non solo. Noi chiediamo di prendere coscienza del fatto che queste guerre ci riguardano da vicino, che tutto ciò che avviene lì ha comunque un risvolto sulla nostra politica interna, che dobbiamo riscoprire il senso di chiedere ai governi di fare pressione per chiedere la pace, perché la pace in questi territori è una pace che riguarda tutti noi. Dall’altra parte, l’appello è alla comunità internazionale affinché trovino davvero gli strumenti giusti del dialogo, perché questa popolazione non può continuare a subire tutto questo. Stiamo cancellando un’intera popolazione: noi l’abbiamo chiamata lost generation. I bambini siriani non possono continuare a subire tutto questo: addirittura si tolgono la vita e tolgono la vita ai propri figli perché vogliono evitare loro il calvario di questi giorni e di questi assedi. Noi dobbiamo evitare che le mamme compiano gesti di questo tipo, e riportarli tutti a casa.








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