2016-10-24 12:43:00

Papa a Gesuiti: andate tra scartati e crocifissi con la gioia del Vangelo


Cercare la gioia non come “effetto speciale” ma come elemento costitutivo “del messaggio evangelico”. Così stamani Papa Francesco nel discorso pronunciato alla riunione della 36.ma Congregazione Generale della Compagnia di Gesù, presso la Curia Generalizia dei Gesuiti a Roma. Il Papa, accolto con un indirizzo di saluto dal nuovo preposito generale, il padre venezuelano Arturo Sosa Abascal, si è poi trattenuto in forma privata con i Gesuiti. Il servizio di Giada Aquilino:

Il “modo di procedere” dei Gesuiti sia “ecclesiale, inculturato, povero, servizievole, libero da ogni ambizione mondana”. Questo l’auspicio, affidato alla Madonna della Strada, di Papa Francesco per i confratelli. È infatti il Papa gesuita a parlare in spagnolo, partendo da Sant'Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia. Riflettendo sul “camminare insieme”, andando alle periferie “dove gli altri non arrivano”, Francesco ricorda che è “compito” della Compagnia “consolare il popolo fedele” e aiutare “con il discernimento” affinché - spiega - “il nemico della natura umana non ci sottragga la gioia” di evangelizzare, della famiglia, della Chiesa, del creato, né di fronte ai “mali del mondo” o ai “malintesi tra coloro che si propongono di fare il bene”, né rimpiazzandola “con le gioie fatue che sono sempre a portata di mano in qualsiasi negozio”. Quindi “pregare” e insegnare la preghiera di “chiedere e supplicare” la consolazione è “il principale servizio alla gioia”. D’altra parte, prosegue Francesco, “la gioia è costitutiva del messaggio evangelico”:

“Una buena noticia no se puede dar con cara triste...
Una buona notizia non si può dare con il volto triste. La gioia non è un “di più” decorativo, è chiaro indice della grazia: indica che l’amore è attivo, operante, presente. Perciò il cercarla non va confuso con il cercare “un effetto speciale”, che la nostra epoca sa produrre per esigenze di consumo, bensì la si cerca nel suo indice esistenziale che è la ‘permanenza’”.

Come insegnato dagli Esercizi di Sant’Ignazio, è la gioia dell’annuncio “esplicito” del Vangelo, attraverso la predicazione della fede e la pratica della giustizia e della misericordia, a portare la Compagnia ad “uscire verso tutte le periferie”:

“El jesuita es un servidor de la alegría...
Il gesuita è un servitore della gioia del Vangelo, sia quando lavora ‘artigianalmente’ conversando e dando gli esercizi spirituali a una sola persona, aiutandola a incontrare quel ‘luogo interiore da dove gli viene la forza dello Spirito che lo guida, lo libera e lo rinnova’, sia quando lavora in maniera strutturata organizzando opere di formazione, di misericordia, di riflessione, che sono prolungamento istituzionale di quel punto di inflessione in cui si dà il superamento della propria volontà ed entra in azione lo Spirito”.

L’esortazione, soprattutto nel Giubileo della Misericordia ormai in via di conclusione, è a lasciarsi commuovere dal “Signore posto in croce”, presente “in tanti nostri fratelli che soffrono”, “la grande maggioranza dell’umanità”.

“La misericordia no es una palabra abstracta...
La misericordia non è una parola astratta ma uno stile di vita, che antepone alla parola i gesti concreti che toccano la carne del prossimo e si istituzionalizzano in opere di misericordia. Per noi che facciamo gli Esercizi, questa grazia mediante la quale Gesù ci comanda di assomigliare al Padre inizia con quel colloquio di misericordia che è il prolungamento del colloquio con il Signore crocifisso a causa dei miei peccati”.

Il Signore, osserva Francesco con i confratelli, ci invia per far giungere la stessa misericordia ai più poveri, ai peccatori, agli scartati e ai crocifissi del mondo attuale che – ricorda – “soffrono l’ingiustizia e la violenza”:

“Sólo si experimentamos esta fuerza...
Solo se sperimentiamo questa forza risanatrice nel vivo delle nostre stesse piaghe, come persone e come corpo [comunità], perderemo la paura di lasciarci commuovere dall’immensità della sofferenza dei nostri fratelli e ci lanceremo a camminare pazientemente con la nostra gente, imparando da essa il modo migliore di aiutarla e servirla”.

Ignazio invita a compiere il bene “sentendo con la Chiesa”. Il Papa spiega che è proprio della Compagnia “il servizio del discernimento del modo in cui facciamo le cose”:

“Esta gracia de discernir...
Questa grazia di discernere che non basta pensare, fare o organizzare il bene, ma bisogna compierlo con buon spirito, è quello che ci radica nella Chiesa, nella quale lo Spirito agisce e distribuisce la diversità dei suoi carismi per il bene comune”.

Fare questo “senza perdere la pace e con gioia”, considerati i peccati che – evidenzia Francesco - vediamo “sia in noi come persone sia nelle strutture che abbiamo creato”, implica portare la Croce, “sperimentare la povertà e le umiliazioni”:

“El servicio del buen espíritu y del discernimiento...
Il servizio del buon animo e del discernimento ci fa essere uomini di Chiesa – non clericali, ma ecclesiali – uomini ‘per gli altri’, senza alcuna cosa propria che isoli ma mettendo in comunione e al servizio tutto ciò che abbiamo”.

I Gesuiti, aggiunge, non camminano “né da soli né comodi”, in un percorso che si realizza “insieme a tutto il popolo fedele di Dio”, cercando “di aiutare qualcuno”. Solo così la Compagnia può avere “il volto, l’accento e il modo di essere” di tutti i popoli, di ogni cultura, affinché il giovamento non sia “individualistico”, ma “comune” e “in ogni cosa”.








All the contents on this site are copyrighted ©.